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Itinerary-12-Myths-link-05

L’uomo Di Altamura

Uno scheletro umano integro del Paleolitico, appartenuto a un Homo neanderthalensis, vissuto molto più di 100.000 anni fa, fu rinvenuto nel 1993 nella grotta di Lamalunga nei pressi di Altamura. Si tratta di una scoperta eccezionale, non solo per l’ottimo stato di conservazione, ma perché è stato possibile eseguire accurate analisi scientifiche e paleogenetiche riuscendo a leggerne il DNA.

L’uomo di Altamura, morì durante una battuta di caccia, cadendo in uno dei tanti pozzi carsici presenti nella zona. Le ferite gli impedirono di uscire dalla grotta, che divenne la sua tomba. Il particolare ambiente sotterraneo ne ha permesso la conservazione, le sue ossa infatti vennero inglobate nelle concrezioni calcaree fino al momento della scoperta.

Dal 2017 è possibile, nel Museo Nazionale di Altamura, osservare la perfetta ricostruzione dell’uomo di Altamura, eseguita grazie alle moderne tecnologie digitali. L’incontro con questo nostro antenato a dimensione naturale è un’emozione alla quale è impossibile restare indifferenti.

Museo Archeologico, Via Santeramo 88.

Dal lunedì al venerdì: 8.30-19.30

Sabato, domenica e festivi, 8.30-13.30.

Itinerary-12-Myths-link-04

Il Parco Archeologico Di Botromagno

Sul Colle di Botromagno, a circa 400 metri di altezza, è possibile visitare i resti di un antico centro peucetico, identificato con l’antica Sides o Sidinion. Successivamente, l’insediamento divenne un centro romano, con ogni probabilità Silvium, importante punto di sosta sulla Via Appia. L’area di notevole interesse scientifico potrebbe essere uno dei poli di eccellenza archeologica della Puglia, se non fosse per lo stato di abbandono e, in parte, anche di degrado in cui versa il sito. Scriveva Paolo Rumiz già nel 2015:

Una vecchia inchiesta, dal nome cinematografico di Stargate, svela che a Botromagno negli anni novanta sono stati effettuati importanti lavori per rendere accessibile ai visitatori quest’area archeologica unica al mondo. Ma l’intervento si è mangiato quindici miliardi di vecchie lire e non ha portato nulla, se si esclude la scomparsa del malloppo e una lite continua fra la direzione dei lavori e l’impresa esecutrice, che stava tirando in lungo come Penelope con la sua tela. Tutto è finito alle ortiche: il restauro delle tombe, gli itinerari di visita, la cartellonistica, il viale d’accesso, la riqualificazione di un edificio storico con foresteria e reception per i turisti. (P. Rumiz, Appia)

Gli oggetti provenienti dagli scavi di Botromagno sono esposti presso il Museo Fondazione Ettore Pomarici-Santomasi di Gravina, nella mostra permanente Aristocrazia e mito.

I reperti più antichi qui esposti sono databili dal VII al IV secolo a.C., e si tratta di fibule, ornamenti in ambra, avorio e argento. Particolarmente interessanti sono i numerosi vasi a figure rosse del V e IV secolo a C., provenienti dalle camere sepolcrali della presunta necropoli di Botromagno.

Tra i numerosi reperti ceramici e fittili si impone, per dimensione e bellezza artistica, un cratere a larghe volute attribuito al Pittore di Boreas, che rappresenta una scena del mito di Ifigenia. Anche altri vasi sono decorati con scene legate al mondo omerico, a conferma degli ininterrotti rapporti artistici, commerciali e politici della Puglia con il mondo greco. L’esposizione della Fondazione Pomarici Santomasi lascia solo intuire la ricchezza del patrimonio archeologico di questa zona della Puglia, depredato nel corso degli ultimi secoli da tombaroli e improvvisati Indiana-Jones. Ciò che è stato salvato dall’incuranza e dal ladrocinio è conservato anche nel Museo Civico Archeologico di Gravina, in piazza Benedetto XIII.

Itinerary-12-Myths-link-03

Gravina

Gravina di Puglia

foto d’epoca (CC BY-SA 3.0, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=3694887)

Questa città dell’Alta Murgia già nel nome anticipa le particolari caratteristiche della sua conformazione paesaggistica. L’intero paese sorge su una profonda grave.

Le grotte naturali e le cavità artificiali scavate tra queste pareti rocciose, nel corso dei secoli, sono state adibite ad abitazioni, stalle, rifugi, e luoghi di culto. Tra le tante chiese rupestri presenti merita una visita la Basilica di San Michele delle grotte: un ambiente suddiviso in cinque navate da ampi pilastri. Sono ancora visibili i resti di affreschi del XII-XIII secolo. In uno dei locali annessi alla chiesa è possibile visitare un ossario, un macabro deposito di resti umani, che una tenace tradizione popolare vuole siano le ossa dei cittadini di Gravina, massacrati durante una delle incursioni saracene del X secolo.

A Gravina il visitatore potrà ammirare all’interno del poco noto, ma ricco Museo Pomarici-Santomasi la ricostruzione puntuale degli ambienti della cripta di San Vito e dei suoi bellissimi affreschi medievali, tra i quali segnaliamo un Cristo Pantocrator in trono e una Vergine in trono. Il museo si trova nel palazzo seicentesco della Fondazione Pomarici Santomasi. Nei suoi due piani sono anche ospitate la Pinacoteca, i reperti archeologici dell’area di Botromagno, la Biblioteca, l’Archivio Storico e le sale di lettura.

Telefono:+39 080.325.10.21

Fax:+39 080.325.10.21

E-Mail:info@fondazionesantomasi.it

Via Museo n. 20 – 70024 Gravina in Puglia (Ba) – Italy

ORARI
Mar/Dom: 9.00-13.00 | 16.00-20.00
Lunedì chiuso

Itinerary-12-Myths-link-02

La Basilica Di San Nicola

Bari, basilica di San Nicola (foto di Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61405024)

La basilica di San Nicola, voluta dall’abate benedettino Elia nel 1089, fu consacrata nel 1197. Il colto abate volle realizzare un edificio che in sé riassumesse numerose funzioni e diversi significati. Doveva essere una chiesa di pellegrinaggio, la chiesa madre del popolo dei baresi e un punto di riferimento per chi giungeva dal mare e immediatamente si confrontava con la sagoma svettante delle sue torri.

Addentrandosi nel tessuto urbano, dopo aver costeggiato il castello e la cattedrale, dopo aver percorso l’attuale via delle Crociate, aver attraversato l’arco angioino, si raggiunge la piazza di San Nicola.

La basilica, espressione per eccellenza dell’architettura romanica pugliese, s’impone maestosa con la sua severa e candida facciata tripartita, movimentata unicamente da archetti ciechi che si rincorrono sino al timpano del portale principale e, sul registro superiore, dal lieve gioco chiaroscurale di monofore e bifore.

I solidi volumi del corpo di fabbrica sono pienamente percepibili grazie alle profonde arcate che corrono sul perimetro laterale dell’edificio.

Il registro superiore è alleggerito ai lati dall’elegante scorrere degli esaforati che, come dei ricami di pietra, permettono alla luce di creare intriganti effetti plastici.

Una struttura perfettamente unitaria dall’aspetto fortilizio che rimanda, nell’impianto del prospetto affiancato da due possenti torri, alle grandi cattedrali romaniche del Nord, ma che non rinuncia a racchiudere entro strutture rettilinee i volumi di cupole e volte, in assonanza con le tecniche costruttive medio-orientali e in omaggio alla lunga tradizione costruttiva pugliese. Per consentire l’afflusso dei pellegrini, che numerosi accorrevano a visitare le reliquie di San Nicola, lungo il perimetro della basilica si aprono cinque portali decorati con sculture che riescono a coniugare la bellezza delle forme con la ricchezza didascalica dei contenuti. Nell’apparato decorativo scultoreo di San Nicola esplode tutta l’energia del romanico pugliese: mondi popolati di monstra, attinti direttamente dai bestiari nordici, convivono con puntuali citazioni classiche, arricchite da motivi di chiara origine islamica, desunti da stoffe e oggetti preziosi che arrivavano sulle coste pugliesi insieme a pellegrini e mercanti.

Si osservi, in particolare, il portale detto dei leoni, che si apre sul fianco sinistro della basilica, proprio sotto il primo degli arconi laterali. Lungo l’archivolto è raccontata, attraverso la scultura, l’epopea dei Normanni, nuovi signori di Bari. Con un ductus di straordinaria felicità narrativa e propagandistica, le raffinate trame dell’arazzo di Bayeux sembrano prendere nuova vita e nuove forme in queste sculture, approdate in città per raccontare le storie dei signori del Nord ai nuovi sudditi meridionali.

Arazzo di Bayeux, XI secolo, oggi esposto al Centre Guillaume-le-Conquérant di Bayeux, particolare.

Bari, Basilica di San Nicola, porta dei leoni, XII secolo, particolare.

Di sapore decisamente più mediterraneo sono invece le sculture dei due buoi stilofori che ornano il protiro del portale centrale della basilica, opera di un anonimo scultore in grado di coniugare motivi della tradizione classica locale con un linguaggio già pienamente romanzo ed europeo.

Da secoli, gli anziani di Bari vecchia raccontano ai viaggiatori che si fermano davanti alla chiesa una leggenda. Quando il corpo del Santo di Myra giunse in città:

i cittadini non erano d’accordo sul luogo dove riporlo. Perciò fu stabilito di prendere dei buoi dalla campagna e di deporre le reliquie in una chiesa da costruirsi lì dove gli animali avessero trasportato il carro. Allora i buoi trassero il carro sul quale era stato posato il santo corpo dalla riva del mare. E la chiesa di San Nicola fu costruita lì, nel mare, donde l’acqua penetra talvolta nella cripta. (A. Adorno, Itinéraire d’Anselme Adorno en Terre Sainte)

In realtà la posizione della basilica nicolaiana, a dispetto della leggenda, non è affatto casuale, ma risponde a precise esigenze simboliche e politiche. La nuova chiesa palatina doveva sorgere laddove sorgeva il palazzo del Catapano, per indicare che adesso il Santo patrono, e con lui i signori normanni che avevano patrocinato la costruzione della chiesa, andavano ad occupare il posto e il ruolo che un tempo era stato dei Bizantini; inoltre la posizione a ridosso del mare doveva enfatizzare lo stretto rapporto della città con l’Adriatico. Per questo, la zona absidale della basilica, orientata verso il mare, è trattata come fosse una seconda facciata, con un grandissimo finestrone decorato da animali scolpiti. Si tratta di elefanti e sfingi, che oltre ai loro significati simbolici, alludono a quell’Oriente verso cui si dirigevano o da cui facevano ritorno pellegrini e mercanti che si imbarcavano a Bari sotto la protezione di San Nicola.

Bari, Basilica di San Nicola, Sfinge scolpita sul finestrone absidale, particolare.

L’interno della chiesa presenta una pianta a croce latina con i bracci del transetto contratti; è suddivisa in tre navate da grandissime colonne di importazione orientale, ornate da capitelli scolpiti che si alternano a pilastri. Successivi alla prima fase di edificazione sono invece gli arconi trasversali.

Nella zona presbiterale, i viaggiatori potranno ammirare la cosiddetta cattedra dell’abate Elia. La seduta, destinata all’alto prelato, è interamente scolpita in marmo da un artista che è stato in grado di coniugare la raffinatezza bizantina, nel trattamento delle parti decorative, con l’espressionismo romanico dei telamoni reggi-cattedra, ritratti con il volto deformato dallo sforzo e dal peso del peccato.

Bari, basilica di San Nicola, interno, cattedra dell’abate Elia

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Bari, basilica di San Nicola, interno, cattedra dell’abate Elia, particolare.

In questa solenne cornice romanica si confrontano, in un suggestivo contrasto, la raffinata art de cour trapiantata dall’Ile de France dagli angioini, che succedettero ai Normanni e agli Svevi alla guida della città, e il fasto orientale, dal sapore tutto bizantino, della cripta gremita di arredi sontuosi ed icone. (M. S. Calò Mariani, L’immagine ed il culto di san Nicola a Bari e in Puglia)

Si accede alla cripta tramite una scalinata posta sulla navata laterale che conduce il fedele in una dimensione mistica, grazie alla profusione di icone, lampade, arredi in metalli preziosi, tessuti e ricami che concorrono a rendere estremamente suggestiva la vista delle reliquie di San Nicola, qui conservate.

Bari, basilica di San Nicola, cripta. (GNU Free Documentation License)

Bari, basilica di San Nicola, cripta, colonna dell’inferriata.

La cripta non è solo lo spazio del sacro, ma è anche lo spazio del racconto e della leggenda, tutto concorre a indurre il devoto al raccoglimento e il viaggiatore all’ascolto, come quando si scorge, in un angolo, un’antica colonna circondata da un’inferriata. Anche su questo oggetto, nel corso dei secoli, si sono tramandate numerose leggende che hanno contribuito ad accrescere la devozione dei baresi e dei pellegrini per San Nicola. Si racconta che, dopo il Concilio di Nicea, Nicola si recò a Roma a rendere omaggio a papa Silvestro. Nella città capitolina, dinanzi alla casa in demolizione di una donna di facili costumi, ammirò una bella colonna e la sospinse nel Tevere da dove miracolosamente giunse sino al porto di Myra, sua città natale. Al suo ritorno da Roma la collocò nella cattedrale della sua città. Si narra che così come miracolosamente la colonna aveva raggiunto la città anatolica, nuovamente la si vide galleggiare nelle acque di Bari, quando le reliquie del Santo giunsero in città. Nessuno tuttavia riusciva a prenderla. La notte precedente la riposizione delle reliquie di San Nicola nella nuova chiesa a lui consacrata, i baresi udirono suonare le campane e accorsero nei pressi della basilica e videro un Santo vescovo che, con due angeli, poneva una colonna dal colore rosa a completamento dell’opera. (Cfr. A. Beatillo, Historia delle vita, miracoli, traslatione, e gloria dell’Illustrissimo confessore di Christo s.Nicolò il Magno, arcivescovo di Mira, patrone, e protettore della città di Bari)

Da allora, quella colonna, che si dice abbia viaggiato da Oriente a Occidente, esattamente come il culto di San Nicola, è diventata oggetto di venerazione per le popolazioni locali, per i pellegrini e in particolare per donne in età da marito.

Molte opere d’arte provenienti dalla Basilica sono oggi conservate nel Museo Nicolaiono che si trova nella città vecchia, poco distante dalla chiesa, in Strada Vanese 3.

Itinerary-12-Myths-link-01

La Cattedrale Di Bari

La Cattedrale di Bari di San Sabino (Di Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61448663)

La Cattedrale di Bari, intitolata a San Sabino e alla Vergine Odegitria, cioè colei che indica il cammino, sembra emergere a fatica tra i rumorosi vicoli della città vecchia, quasi nascosta nel suo ventre e dalla fama della più nota e venerata chiesa di S. Nicola. A imporre la sua presenza ci pensa la torre campanaria, l’unica che svetta così alta tra i tetti bassi del borgo e che, da secoli, rimane inconfondibile punto di riferimento nello skyline urbano.

Sulla bianca facciata tripartita e all’ interno è possibile leggere la sua lunga storia, che ha inizio in tempi remoti nel succorpo, impreziosito da bellissimi mosaici paleocristiani, e che si snoda per secoli, sino alle aggiunte di epoca barocca, evidenti nella cripta e nelle statue dall’accentuata teatralità, che arricchiscono il portale principale.

L’edifico ha assunto l’aspetto attuale tra il 1170 e il 1178, quando fu completamente ricostruito, dopo essere stato raso al suolo per volere di Guglielmo il Malo, in seguito alla rivolta dei baresi ai nuovi signori normanni.

La facciata è suddivisa da lesene in tre parti che riproducono all’esterno la suddivisione delle navate interne. Le sommità degli spioventi presentano un coronamento ad archetti pensili poggianti su mensole scolpite con serpenti e animali, attinti direttamente dal ricco e fantasioso bestiario medievale.

Un grande rosone, decorato da statue di mostri, draghi, serpenti e figure grottesche, si apre sul registro superiore in corrispondenza con il portale principale. La zona absidale è interamente nascosta all’esterno da un muro di controfacciata che conserva un meraviglioso finestrone, considerato uno dei capolavori della scultura romanica dell’XII secolo. Questa ampia apertura centinata, incorniciata da un baldacchino poggiante su colonne pensili, è esuberantemente scolpita con motivi vegetali e animali di origine orientale, tra cui spicca una misteriosa arpia.

http://www.medioevo.org/artemedievale/Images/Puglia/Bari/IMG_6943.JPG

Bari, Cattedrale, controfacciata, finestrone absidale.

http://www.medioevo.org/artemedievale/Images/Puglia/Bari/Bari29.jpg

Bari, Cattedrale, controfacciata, particolare del finestrone absidale

La fantasiosa decorazione plastica romanica dell’esterno contrasta con l’atmosfera austera e mistica dell’interno, dove il silenzio delle profonde navate è ritmato solo dal solenne gioco dei colonnati, a cui fanno da contrappunto le eleganti trifore dei matronei superiori.

Bari, cattedrale di San Sabino, interno. (Foto di Porcullus Marek Postawka – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3526917)

Cinque metri sotto il livello della Cattedrale si conserva il nucleo più antico della chiesa che risale al VI secolo. Si tratta di una basilica paleocristiana che ha conservato quasi intatto il suo fascino antico. L’ambiente, originariamente diviso in tre navate, oggi conserva le basi su cui poggiavano le colonne originarie e un mosaico pavimentale decorato con motivi geometrici ed elementi vegetali e zoomorfi. È ancora leggibile un’iscrizione che ricorda di come un tale Timoteo, per adempiere a un voto, provvide a proprie spese alla decorazione musiva del pavimento.

Oggetto di particolare devozione è l’icona della Madonna Odegitria, conosciuta anche come Madonna di Costantinopoli, conservata nella cripta. La tradizione narra che la tavola sia giunta a Bari da Costantinopoli, nell’VIII secolo, quando durante il periodo iconoclasta, l’imperatore d’Oriente aveva ordinato la distruzione di tutte le immagini sacre. In realtà si tratta di una tavola del XVI secolo che riproduce il tipo iconografico, caro alla tradizione bizantina, della Vergine in trono che indica con la mano il figlio e, così facendo, mostra la via per il cielo che è Cristo.

Nel corso del XVIII secolo la tavola fu modificata e, secondo il gusto e la sensibilità estetica dell’epoca, fu protetta e incastonata in una fastosa riza argentea.

Icona della Vergine Odegitria

(Foto di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=58901057)

Itinerary-12-Myths-link-09

Villa Mon Repos

Villa Mon Repos

author: Marc Ryckaert (MJJR) – Own work, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20310622

The beautiful villa Mon Repos lies on the Kanòni Peninsula, on the site where the most important center in the island, Paleópolis, once stood. The villa, with its neoclassical style, in the past was the residence of the British rulers: here Prince Philip of Greece and Denmark, the husband of Queen Elizabeth II of the United Kingdom, was born. Inside the villa, today you may visit the museum that illustrates the residence history and exhibits the area archaeological finds, including those coming from the old thermal baths the Romans had erected on this site.

In the lush and wide tree-lined park surrounding the villa, there are the ruins of ancient Greek shrines dedicated to Hera and Apollo and, at the top of an escarpment, in front of the sea, you may admire a well-preserved small Doric temple.

Kanòni Peninsula, 16 Dairpfela, Corfu

Itinerary-12-Myths-link-08

Pontikonisi Island And Vlacherna Monastery

Kanòni Peninsula is located south of Corfu, within Garitsa natural bay, and offers one of the most enchanting views in the island: that of Vlacherna Monastery, which seems to rise in the middle of the sea. It is connected to the mainland through a narrow jetty, used as a dock for fishing boats. From this small dock it is possible to get to Pontikonisi islet, with its Byzantine chapel dedicated to Christ Pantokrator. Various literary and artistic echoes have been linked to this place. Many people have identified it with the subject of Böcklin’s painting, Isle of the Dead, whereas others with the island where Shakespeare set The Tempest; further, according to legend, it may be the Phaeacians’ ship Neptune turned into stone as an act of revenge.

Itinerary-12-Myths-link-07

The Old Venetian Fortress

Corfu, Old Venetian Fortress (foto partner)

The town of Corfu was once surrounded with massive walls, since it was an important Venetian bulwark against Saracen raids.

The older fortress close to the sea rises on the natural islet at the east end of Corfu. It is reachable through the bridge connecting the promontory to the town, after following the Spianada, one of the most beautiful streets in the old town. The moat is now used as a dock for fishing boats.

The oldest part of the fortress dates back to Byzantine times, but the Venetians reinforced the ramparts and gave it its current appearance. The English were responsible for the construction of further defensive structures and of the small neo-Doric chapel dedicated to Saint George in 1840. Today it is possible to see only some parts of the imposing building, but the view makes it worth visiting.

Itinerary-12-Myths-link-06

The Marta Museum In Taranto

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Via Cavour 10,

open daily 8.30 a.m.-7.30 p.m., last admission 7.00 p.m.

The National Archaeological Museum of Taranto, MArTA, is definitely one of the best museums in Italy. It was set up in 1887 and, since then, has been hosted in the former 18th-century Convento dei Frati Alcantarini (Convent of the Alcantarini monks). Not much is left of the original building that develops around the cloister colonnaded perimeter.

The numerous finds, emerging from Taranto subsoil, were first arranged at the end of the 19th century, then new layouts followed aimed at reorganizing its rich archeological heritage in a consistent way at museographical level.

Over the years, the museum has been temporarily closed to the public, dismantled and reassembled; after a long series of regulatory and restoration works, in December 2007, the new Museum of Taranto was inaugurated, officially renamed MArTA.

The ground floor hosts the rooms for temporary exhibitions, whereas on the upper floors the rich permanent collection is arranged.

The exhibition itinerary, closely linked to territorial references, is organized according to thematic areas connected to the various aspects of Taranto area life and history, within broad time periods.

The visitor may admire a lot of black- and red-figure Attic vases, decorated with mythological stories and may be fascinated by gold and semiprecious stone jewels, which are the result of local goldsmiths’ polished art and document this society’s splendor and wealth.

Head of a woman, 4th century BC C

(foto di Maria – Flickr, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20263809)

Gold earring, 4th century BC

(foto di Maria – Flickr, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20263809)

Itinerary-12-Myths-link-05

The Man From Altamura

An intact human skeleton from the Paleolithic, which belonged to a Homo Neanderthalensis who lived more than 100,000 years ago, was found in 1993 in the cave of Lamalunga near Altamura. This is an exceptional discovery, not only because of its excellent state of preservation, but because it was possible to perform accurate scientific and paleogenetic analyses, thanks to its DNA.

The man from Altamura died during a hunt, falling into one of the many karst wells in the area. The wounds prevented him from leaving the cave, which became his tomb. The particular underground environment allowed its conservation, and its bones had been incorporated in the calcareous concretions until their discovery.

From 2017 onwards, in the National Museum of Altamura it is possible to observe the perfect reconstruction of the Man from Altamura, thanks to modern digital technologies. The encounter with this natural ancestor of ours is an emotion to which it is impossible to remain indifferent.

Museo Archeologico, Via Santeramo 88.

Dal lunedì al venerdì: 8.30-19.30

Sabato, domenica e festivi, 8.30-13.30.

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