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Itinerary-09-Enchanted-link-07

Il Castello Svevo

Il Castello Svevo di Bari, con la sua poderosa e severa mole, sorge all’estremo margine della città vecchia, dove un tempo fungeva da perno dell’antica cinta muraria.

Bari, Castello Svevo (foto di Carlo Dani – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=77189036)

Il castello di Bari è un maniero che, come in un gioco di scatole cinesi, ne contiene al suo interno almeno altri due. Evidenze archeologiche hanno infatti mostrato la presenza di strutture difensive di epoca romana, sui cui resti fu edificato un Kastron bizantino e altri edifici con funzioni abitative. In questo sito fu Ruggero II di Sicilia, nel 1130, ad ordinare a maestranze saracene di innalzare il castello. I baresi non amarano mai questo luogo, simbolo così evidente del potere regio, ed infatti, più volte, fu demolito dalla popolazione nel corso dei secoli. Con l’arrivo degli Svevi, e con la politica di incastellamento voluta dall’imperatore Federico II, nella prima metà del XIII secolo, fu recuperato l’impianto difensivo normanno, gravemente danneggiato nel corso delle ribellioni popolari del secolo precedente. Il possente quadrilatero, a pianta trapezioidale munito di torri angolari realizzate a bugne, fu ingentilito da monofore e bifore e da un meraviglioso portale di gusto gotico-federiciano, scolpito con figure antromorfe e zoomorfe, motivi mitologici e simboli chiaramente araldici, ispirati all’iconografia imperiale. Sul concio della chiave di volta campeggia un’aquila che serra tra i suoi artigli un leoncino, simbolo ricorrente nell’architettura federiciana.

A questa stessa epoca e sensibilità estetica, risale anche il vestibolo, cui si accede superato il portale. Questo ambiente presenta una copertura con volte a crociera, sorrette da colonne e paraste dai capitelli finemente scolpiti: un mondo di pietra in cui il naturalismo gotico federiciano convive con suggestioni islamiche. È noto che tra le maestranze al servizio dell’imperatore ci fossero molti artisti, artigiani e scalpellini arabi. Proprio nel castello barese, a testimonianza del melting-pot culturale promosso dal sovrano svevo, lavorò, insieme ai lapicidi Finarro di Canosa e Mele da Stignano, un certo Ismael, che ha lasciato la sua firma su uno dei capitelli.

Agli Svevi succedettero gli Angioini che vollero restaurare la zona nord del castello e le sale di rappresentanza, nonostante ciò i nuovi sovrani non soggiornarono mai in questa dimora, che rimase abbandonata sino all’arrivo, nel 1524, di Isabella Sforza e sua figlia Bona. Sono loro le vere signore del castello, che ne fecero una lussuosa dimora rinascimentale, circondata da una rinnovata cinta muraria. All’interno, loggiati, scale, saloni e affreschi abbellirono la severa struttura fortilizia. Con la morte di Bona Sforza, il castello di Bari non ha più conosciuto fasi di splendore, ma fu lasciato cadere in rovina.

Il castello Svevo non è solo un edificio dal grande pregio storico e architettonico, ma tra le sue antiche mura riecheggiano ancora le storie legate a un leggendario incontro tra San Francesco e Federico II. Non suffragato da alcun documento, è infatti l’episodio che racconta di come, proprio nelle stanze del maschio barese, l’imperatore Federico II sottopose il poverello d’Assisi alla prova della tentazione della carne.

Itinerary-09-Enchanted-link-06

La Basilica Di San Nicola

Bari, basilica di San Nicola (foto di Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61405024)

La basilica di San Nicola, voluta dall’abate benedettino Elia nel 1089, fu consacrata nel 1197. Il colto abate volle realizzare un edificio che in sé riassumesse numerose funzioni e diversi significati. Doveva essere una chiesa di pellegrinaggio, la chiesa madre del popolo dei baresi e un punto di riferimento per chi giungeva dal mare e immediatamente si confrontava con la sagoma svettante delle sue torri.

Addentrandosi nel tessuto urbano, dopo aver costeggiato il castello e la cattedrale, dopo aver percorso l’attuale via delle Crociate, aver attraversato l’arco angioino, si raggiunge la piazza di San Nicola.

La basilica, espressione per eccellenza dell’architettura romanica pugliese, s’impone maestosa con la sua severa e candida facciata tripartita, movimentata unicamente da archetti ciechi che si rincorrono sino al timpano del portale principale e, sul registro superiore, dal lieve gioco chiaroscurale di monofore e bifore.

I solidi volumi del corpo di fabbrica sono pienamente percepibili grazie alle profonde arcate che corrono sul perimetro laterale dell’edificio.

Il registro superiore è alleggerito ai lati dall’elegante scorrere degli esaforati che, come dei ricami di pietra, permettono alla luce di creare intriganti effetti plastici.

Una struttura perfettamente unitaria dall’aspetto fortilizio che rimanda, nell’impianto del prospetto affiancato da due possenti torri, alle grandi cattedrali romaniche del Nord, ma che non rinuncia a racchiudere entro strutture rettilinee i volumi di cupole e volte, in assonanza con le tecniche costruttive medio-orientali e in omaggio alla lunga tradizione costruttiva pugliese. Per consentire l’afflusso dei pellegrini, che numerosi accorrevano a visitare le reliquie di San Nicola, lungo il perimetro della basilica si aprono cinque portali decorati con sculture che riescono a coniugare la bellezza delle forme con la ricchezza didascalica dei contenuti. Nell’apparato decorativo scultoreo di San Nicola esplode tutta l’energia del romanico pugliese: mondi popolati di monstra, attinti direttamente dai bestiari nordici, convivono con puntuali citazioni classiche, arricchite da motivi di chiara origine islamica, desunti da stoffe e oggetti preziosi che arrivavano sulle coste pugliesi insieme a pellegrini e mercanti.

Si osservi, in particolare, il portale detto dei leoni, che si apre sul fianco sinistro della basilica, proprio sotto il primo degli arconi laterali. Lungo l’archivolto è raccontata, attraverso la scultura, l’epopea dei Normanni, nuovi signori di Bari. Con un ductus di straordinaria felicità narrativa e propagandistica, le raffinate trame dell’arazzo di Bayeux sembrano prendere nuova vita e nuove forme in queste sculture, approdate in città per raccontare le storie dei signori del Nord ai nuovi sudditi meridionali.

Arazzo di Bayeux, XI secolo, oggi esposto al Centre Guillaume-le-Conquérant di Bayeux, particolare.

Bari, Basilica di San Nicola, porta dei leoni, XII secolo, particolare.

Di sapore decisamente più mediterraneo sono invece le sculture dei due buoi stilofori che ornano il protiro del portale centrale della basilica, opera di un anonimo scultore in grado di coniugare motivi della tradizione classica locale con un linguaggio già pienamente romanzo ed europeo.

Da secoli, gli anziani di Bari vecchia raccontano ai viaggiatori che si fermano davanti alla chiesa una leggenda. Quando il corpo del Santo di Myra giunse in città:

i cittadini non erano d’accordo sul luogo dove riporlo. Perciò fu stabilito di prendere dei buoi dalla campagna e di deporre le reliquie in una chiesa da costruirsi lì dove gli animali avessero trasportato il carro. Allora i buoi trassero il carro sul quale era stato posato il santo corpo dalla riva del mare. E la chiesa di San Nicola fu costruita lì, nel mare, donde l’acqua penetra talvolta nella cripta. (A. Adorno, Itinéraire d’Anselme Adorno en Terre Sainte)

In realtà la posizione della basilica nicolaiana, a dispetto della leggenda, non è affatto casuale, ma risponde a precise esigenze simboliche e politiche. La nuova chiesa palatina doveva sorgere laddove sorgeva il palazzo del Catapano, per indicare che adesso il Santo patrono, e con lui i signori normanni che avevano patrocinato la costruzione della chiesa, andavano ad occupare il posto e il ruolo che un tempo era stato dei Bizantini; inoltre la posizione a ridosso del mare doveva enfatizzare lo stretto rapporto della città con l’Adriatico. Per questo, la zona absidale della basilica, orientata verso il mare, è trattata come fosse una seconda facciata, con un grandissimo finestrone decorato da animali scolpiti. Si tratta di elefanti e sfingi, che oltre ai loro significati simbolici, alludono a quell’Oriente verso cui si dirigevano o da cui facevano ritorno pellegrini e mercanti che si imbarcavano a Bari sotto la protezione di San Nicola.

Bari, Basilica di San Nicola, Sfinge scolpita sul finestrone absidale, particolare.

L’interno della chiesa presenta una pianta a croce latina con i bracci del transetto contratti; è suddivisa in tre navate da grandissime colonne di importazione orientale, ornate da capitelli scolpiti che si alternano a pilastri. Successivi alla prima fase di edificazione sono invece gli arconi trasversali.

Nella zona presbiterale, i viaggiatori potranno ammirare la cosiddetta cattedra dell’abate Elia. La seduta, destinata all’alto prelato, è interamente scolpita in marmo da un artista che è stato in grado di coniugare la raffinatezza bizantina, nel trattamento delle parti decorative, con l’espressionismo romanico dei telamoni reggi-cattedra, ritratti con il volto deformato dallo sforzo e dal peso del peccato.

Bari, basilica di San Nicola, interno, cattedra dell’abate Elia

isultati immagini per cattedra abate elia

Bari, basilica di San Nicola, interno, cattedra dell’abate Elia, particolare.

In questa solenne cornice romanica si confrontano, in un suggestivo contrasto, la raffinata art de cour trapiantata dall’Ile de France dagli angioini, che succedettero ai Normanni e agli Svevi alla guida della città, e il fasto orientale, dal sapore tutto bizantino, della cripta gremita di arredi sontuosi ed icone. (M. S. Calò Mariani, L’immagine ed il culto di san Nicola a Bari e in Puglia)

Si accede alla cripta tramite una scalinata posta sulla navata laterale che conduce il fedele in una dimensione mistica, grazie alla profusione di icone, lampade, arredi in metalli preziosi, tessuti e ricami che concorrono a rendere estremamente suggestiva la vista delle reliquie di San Nicola, qui conservate.

Bari, basilica di San Nicola, cripta. (GNU Free Documentation License)

Bari, basilica di San Nicola, cripta, colonna dell’inferriata.

La cripta non è solo lo spazio del sacro, ma è anche lo spazio del racconto e della leggenda, tutto concorre a indurre il devoto al raccoglimento e il viaggiatore all’ascolto, come quando si scorge, in un angolo, un’antica colonna circondata da un’inferriata. Anche su questo oggetto, nel corso dei secoli, si sono tramandate numerose leggende che hanno contribuito ad accrescere la devozione dei baresi e dei pellegrini per San Nicola. Si racconta che, dopo il Concilio di Nicea, Nicola si recò a Roma a rendere omaggio a papa Silvestro. Nella città capitolina, dinanzi alla casa in demolizione di una donna di facili costumi, ammirò una bella colonna e la sospinse nel Tevere da dove miracolosamente giunse sino al porto di Myra, sua città natale. Al suo ritorno da Roma la collocò nella cattedrale della sua città. Si narra che così come miracolosamente la colonna aveva raggiunto la città anatolica, nuovamente la si vide galleggiare nelle acque di Bari, quando le reliquie del Santo giunsero in città. Nessuno tuttavia riusciva a prenderla. La notte precedente la riposizione delle reliquie di San Nicola nella nuova chiesa a lui consacrata, i baresi udirono suonare le campane e accorsero nei pressi della basilica e videro un Santo vescovo che, con due angeli, poneva una colonna dal colore rosa a completamento dell’opera. (Cfr. A. Beatillo, Historia delle vita, miracoli, traslatione, e gloria dell’Illustrissimo confessore di Christo s.Nicolò il Magno, arcivescovo di Mira, patrone, e protettore della città di Bari)

Da allora, quella colonna, che si dice abbia viaggiato da Oriente a Occidente, esattamente come il culto di San Nicola, è diventata oggetto di venerazione per le popolazioni locali, per i pellegrini e in particolare per donne in età da marito.

Molte opere d’arte provenienti dalla Basilica sono oggi conservate nel Museo Nicolaiono che si trova nella città vecchia, poco distante dalla chiesa, in Strada Vanese 3.

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La Pinacoteca Corrado Giaquinto

La collezione della Pinacoteca di Bari ospita, oltre a pregiati reperti di epoca bizantina e romanica, numerosi dipinti veneti di Antonio e Bartolomeo Vivarini, Giovanni Bellini, Paris Bordon, Paolo Veronese, Jacopo Tintoretto; dipinti napoletani o di scuola napoletana dei secc. XVI-XVIII tra cui opere di Paolo Finoglio, Maestro degli annunci ai pastori, Andrea Vaccaro, Luca Giordano, Giuseppe Bonito, Lorenzo De Caro, Francesco De Mura, Fedele Fischetti, Domenico Mondo. La Pinacoteca vanta inoltre una prestigiosa raccolta di pittura dell’Ottocento, con tele di Giuseppe De Nittis, Francesco Netti, Domenico Morelli, Giovanni Boldini, Teofilo Patini Morandi, De Chirico, Sironi. Oltre alla collezione permanente, le sue sale accolgono esposizioni e mostre temporanee.

Per info: Via Spalato 19-Lungomare Nazario Sauro 27, tel. 0805412420. Chiuso il lunedì.

Itinerary-09-Enchanted-link-04

Teatro Margherita

Bari, Teatro Margherita, foto d’epoca

Il Teatro Margherita, costruito nel 1893 in un’ansa del molo vecchio di Bari, si presenta come una struttura galleggiante edificata su palafitte. Danneggiato poco dopo la sua apertura da un incendio, venne riedificato e inaugurato nuovamente nel 1914. Fu costruito sul mare e collegato alla terraferma da un pontile, per aggirare il divieto di costruire nuovi teatri sul suolo comunale. L’edifico divenne sede di spettacoli di varietà alla moda, un vero e proprio cafè-chantant. Durante la seconda guerra mondiale, nel 1943, fu occupato dagli anglo-americani, che ne fecero la loro base logistica e un luogo di intrattenimento per le truppe, ribattezzandolo Garrison Theatre. Subì numerosi danni durante i bombardamenti del 1945 e fu ripristinato, ma esclusivamente come cinema, nel 1946. Negli anni ‘80 del Novecento, il Teatro Margherita venne chiuso e lasciato in stato di abbandono sino al 2005, quando, molto lentamente, iniziò una lunga stagione di restauri. Finalmente riaperto al pubblico, oggi è un’importante sede di mostre ed esposizioni di arte contemporanea.

Dal punto di vista architettonico, l’edifico all’esterno ha conservato molte delle caratteristiche originarie, con la facciata in stile liberty voluta dall’architetto Francesco de Giglio nel 1914. Un’ampia arcata vetrata, affiancata da torri terminanti in pinnacoli, delimita l’ingresso principale. Lungo tutta la facciata si alternano decorazioni di chiaro gusto novecentesco: festoni, maschere e ghirlande stilizzate. A coronamento dell’edificio si innalza una cupola ottagonale con terminazione a lucernario.

Per info e prenotazioni:

Piazza IV Novembre 70122 Bari

Tel.: +390805776200

Bari, Teatro Margherita prima dei restauri iniziati nel 2005

Bari, Teatro Margherita, dopo i restauri

(foto Ainars Brūvelis, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=54351258)

Itinerary-09-Enchanted-link-03

Palazzo Atti

Bari, Palazzo Atti, particolare della facciata

Palazzo Atti, al civico 24 di Corso Cavour, con la sua facciata riccamente decorata, è uno dei più bei esempi di architettura Liberty a Bari. Lo ‘stile’ chiamato Liberty fu una corrente artistica di portata internazionale che si diffuse in Europa alla fine del XIX secolo. Nella sua declinazione più attardata, arrivò pure in Italia meridionale. A Bari il Liberty si caratterizza per un accentuato gusto barocco, in cui l’esuberanza decorativa si riversa soprattutto nelle facciate e negli interni dei prestigiosi palazzi borghesi del centro murattiano, dove proliferano forme floreali, cornucopie e motivi ornamentali, desunti dalla scultura e dalle arti applicate internazionali. Si segnalano ai viaggiatori, oltre al bel palazzo Atti, con i suoi balconi elegantemente scolpiti, il Palazzo Kursaal Santa Lucia, il Teatro Margherita, e poco distante, in via Sparano, Palazzo Mincuzzi.

Bari, Palazzo Mincuzzi

(foto di Kodos – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17849927)

Itinerary-09-Enchanted-link-02

Il Teatro Petruzzelli

Bari, il Teatro Petruzzelli

(foto di Fbio87 di Wikipedia in italiano, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=48157085)

Il Petruzzelli è il quarto teatro in Italia per dimensioni e uno dei più belli d’Europa. Quasi ci si stupisce che già agli inizi del XX secolo, una piccola città di provincia come Bari potesse vantare un simile teatro, costruito per andare incontro alla domanda culturale di una popolazione a cui il vecchio politeama comunale, intitolato al musicista Niccolò Piccini, non bastava più.

Il Petruzzelli fu inaugurato nel 1903 con la rappresentazione de Gli Ugonotti di Giacomo Meyerbeer. Il teatro, animato da un vivacissimo cartellone culturale, ha visto alternarsi sul suo palco artisti di fama internazionale. Si caratterizza all’esterno per la sua facciata eclettica che riecheggia forme classicheggianti e si arricchisce di elementi decorativi di stampo liberty e art Nouveau. All’interno il foyer, esuberantemente decorato, vantava sulla sua cupola gli affreschi del pittore pugliese Raffaele Armenise, andati distrutti nel corso del terribile rogo che la notte del 27 ottobre 1991, a conclusione della Norma di Bellini, distrusse il teatro. Solo nel 2009, a seguito di lunghi restauri e annose polemiche, che hanno infuocato la vita politica cittadina, il Petruzzelli è stato nuovamente aperto al pubblico.

Teatro Petruzzelli, interno

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Bari

La città di Bari sembra formata da due distinti nuclei urbani, quasi giustapposti, a cui nella seconda metà del Novecento se ne è aggiunto anche un terzo. Tre città in una, tre culture diverse, tre momenti storici diversi. Partendo dal mare e dirigendosi verso la campagna, si trova per prima, distesa su una penisola naturale, la città vecchia, un tempo circondata da possenti mura.

Disegno di Bari per Il Regno di Napoli in prospettiva, di G. B. Pacichelli, 1703

(immagine tratta da Fondo Antiguo de la Biblioteca de la Universidad de Sevilla from Sevilla, España – “Bari”, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=51281654)

Il centro storico, con la sua planimetria che evoca l’Oriente mediterraneo, appare un labirinto di vicoli e case, l’una a ridosso dell’altra, racchiuse entro i due poli architettonici e simbolici della città medievale: il Castello e la Basilica. Tra l’uno e l’altro polo si snoda un racconto urbano lungo quasi 3000 anni, fatto di strade, mosaici, chiese, edicole, confraternite, palazzi nobiliari, archi e corti che si aprono all’improvviso, dietro angoli che al viaggiatore potevano sembrare ciechi.

A ridosso di questa “Bari Vecchia” si giustappone la seconda città, quella conosciuta come il “centro murattiano”.

Non vi è un vero confine, una volta demolite le mura medievali, le due Bari si sono incontrate, senza però mai confondersi o mescolarsi. Un’unica larga strada – corso Vittorio Emanuele – separa queste due realtà urbane; attraversandola si lascia alle proprie spalle la quasba e il Medioevo e ci si ritrova a passeggiare nel borgo murattiano, caratterizzato da raffinate planimetrie ottocentesche. Questa seconda Bari, che si estende sino alla ferrovia, ha una semplice forma a parallelepipedo, entro il quale sono disegnate a scacchiera le strade. Gli assi viari perpendicolari presentano un orientamento Sud-Nord. Il mare a Bari è a Nord, per questo, percorrendo il centro si ha l’impressione che tutte le strade si allunghino sino al mare, sino alla linea d’orizzonte, dove il blu dell’Adriatico incontra il cielo. Diversamente le strade parallele hanno un orientamento Est-Ovest.

Dietro il borgo murattiano, la ferrovia, che corre parallela al mare, segna l’inizio della terza Bari, quella più schiettamente moderna e contemporanea, dove sono proliferati sia raffinati quartieri residenziali, sia le periferie popolari. Da qui la città si rivolge all’entroterra, quasi diradandosi verso la campagna pugliese.

Bibliografia di riferimento: F. Falagna, Bari città vetrina, in Viaggio in provincia, a cura di E. Angiuli, Biblos Edizioni, Cittadella di Padova 1991, p.406.

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