Skip to content
POLYSEMi Portal
  • Home
  • Partners
  • Events
    • Facebook Feeds
    • Twitter Feeds
    • POLYSEMI Final Conference
    • Press Conference
    • Cultural Heritage and Tourism
    • Networking Platform – Report
    • Literature as a tourist guide
    • International itinerant congress
    • Stakeholders meeting
    • Invisible threads – Visible ties
    • Corfu Conference
    • Literary Week
      • Programme
      • Theatrical events
      • Sustainable Cultural and Tourism Development: Cultural Routes
      • Workshop: Designing Cultural Routes
      • Lectures and music
      • Between the Adriatic and the Ionian. Cultural resources and sustainable tourism
    • Taranto Conference
    • Educational Activities
    • Apoplus Exhibition
      • APOPLUS Video clip
      • APOPLUS Book
      • APOPLUS Grand opening
      • APOPLUS Video Streaming
      • APOPLUS Press Release
      • APOPLUS Invitation
      • APOPLUS Poster
      • APOPLUS Brief Presentation
      • APOPLUS Artists
        • A-Z
          • Antonio Brandimarte
          • Colleen Corradi Brannigan
          • Francesco Cherci
          • Fabio Alessandro Fusco
          • Paul Haigh
          • He Lidan
          • Stephen Nova
          • Karina Puente Frantzen
          • Donatella Violi
        • Α-Ι (Greek)
          • Io Angeli
          • Giannis Adamakis
          • Sofia Avgerinou-Kolonia
          • Antonis Vathis
          • Archontoula Vasilara
          • Olga Venetsianou
          • Spyros Verykios
          • Socrates Yiannoudes
          • Efthimios Efthimiadis
          • Tzimis Efthimiou
          • Kiveli Zachariou
        • Κ-Μ (Greek)
          • Andreas Kalakallas
          • George Kalakallas
          • Christophoros Katsadiotis
          • Nikolas Klironomos
          • Μaria Konomi
          • Aspassia Kouzoupi
          • Nikolaos Kourniatis
          • Lia Koutelieri
          • Nikos Kranakis
          • Dimitris Kostas
          • Loula Leventi
          • Elisavet Mandoulidou
          • Maria Markou
          • Dimitra Mermigki
          • Dimitris Miliotis
          • Frini Mouzakitou
        • Ν-Ω (Greek)
          • Stelios Panagiotopoulos
          • Panagiotis Panos
          • Maria Papadimitriou
          • Filippos Peristeris
          • Vangelis Rinas
          • Dimitris A. Sevastakis
          • Andreas Sitorengo
          • Stefanos Souvatzoglou
          • Anastasia Zoi Souliotou
          • Efrossyni Tsakiri
          • Dimitris Tsiantzis
          • Helene Haniotou
          • Vivetta Christouli
      • APOPLUS New Artists
      • APOPLUS Workshops
    • Bari Conference
  • Library
    • Greek library
    • Italian library
  • All Itineraries
    • Greek itineraries
      • Konstantinos Theotokis
      • Dionysios Solomos
      • Angelos Sikelianos
      • Gregorios Ksenopoulos
    • Italian itineraries
      • The Pilgrim’s Tales
      • Walking with Sisi
      • The routes to Arcadia
      • The Passion Itinerary
      • Enchanted Travelers
      • Eminent Author Reports
      • Lawrence Durrell
      • Myths And Heroes
      • The Writers’ Island
      • Travel without Limits
  • Tours
    • Educational Tour in Zakynthos
    • Educational Tour in Corfu
    • Educational Tour in Kefalonia
    • Educational Tour in Lefkada
  • Streams
    • Apoplus exhibition – video clip
    • Apoplus exhibition – video streams
    • Sustainable Cultural and Tourism Development: Cultural Routes – video streams
  • Media
  • Network
  • English
    • English
    • Ελληνικά
    • Italiano
Itinerary-07-Arcadia-link-10

La chiesa di San Spiridione

La chiesa di San Spiridione, patrono dell’isola, si trova nel cuore della città vecchia di Corfù, perfettamente riconoscibile nello skyline cittadino per la sua alta torre, terminate in una cupoletta rossa, ispirata alla chiesa di San Giorgio a Venezia.

Fu costruita nel 1590, dopo che l’antico edificio di culto era stato demolito per ingrandire le mura di cinta della città.

L’esterno è estremamente sobrio, una semplice facciata con terminazione rettilinea, movimentata unicamente dall’apertura di finestre e di un portale.

All’interno presenta un impianto basilicale a una sola navata e un elaborato soffitto a cassettoni incorniciati in oro che racchiudono pitture raffiguranti scene di vita del Santo.

Sui fianchi laterali della chiesa si aprono due differenti ingressi per consentire l’afflusso dei pellegrini che giungono numerosi, in diverse occasioni liturgiche dell’anno, per visitare le reliquie di San Spiridione.
Questi, secondo la leggenda agiografica, era un pastore cipriota vissuto nel IV secolo, che dedicò la sua vita alla chiesa e compì numerosi miracoli.

Le sue spoglie, che si dice profumino di basilico, furono portate prima a Costantinopoli, quando Cipro fu invasa dai Saraceni e, nel 1453, a Corfù, dove si trovano ancora oggi, conservate in una ricca teca d’argento che viene portata in processione più volte l’anno: a dicembre, in occasione della festa patronale, durante la settimana santa e ad agosto, quando si celebra il salvataggio di Corfù del 1716 da un attacco dei Turchi, avvenuto, per i fedeli, grazie all’intercessione del Santo. Numerosi gli ex-voto presenti all’interno della chiesa, principalmente lampade in argento sbalzato.

Corfù, centro storico, campanile della chiesa di san Spiridione (By Jean-Luc 2005 – Own workOriginal text: selbst fotografiert, Copyrighted free use, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=64277686)

Corfù, chiesa di San Spiridione, interno, particolare del soffitto. (By Piotrus – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=12243367)

Itinerary-07-Arcadia-link-09

L’isolotto di Pontikonissi e il Monastero di Vlacherna

La penisola di Kanoni, a sud della città di Corfù, nell’insenatura naturale di Garitsa, offre uno dei panorami più suggestivi dell’isola: quello del monastero di Vlacherna, che sembra quasi sorgere in mezzo al mare, collegato alla terraferma da uno stretto pontile che funge da attracco per le barche dei pescatori. Da questo porticciolo è possibile raggiungere il piccolo isolotto di Pontikonissi con la sua cappella dedicata al Cristo Pantokrator. Su questo luogo sono nate numerose leggende legate a suggestioni sia letterarie che artistiche. Si dice che proprio a questo isolotto si sia ispirato il pittore Böcklin per il realizzare il famoso quadro simbolista L’isola dei morti. E se questa interpretazione non convincesse qualcuno, si potrebbe in alternativa prestare fede a quanti invece hanno voluto vedervi l’isola in cui Shakespeare ambientò la Tempesta o ancora la nave con la quale i Feaci accompagnarono Ulisse a Itaca, tramutata in pietra da Poseidone per vendetta.

Pontikonissi, veduta [foto di Alinea CC BY 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/3.0)]

Arnold Böcklin, L’isola dei morti (terza versione)

Itinerary-07-Arcadia-link-08

Palazzo Achilleion

Corfù, Achilleion (Foto di Piotrus – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=12187305)

Vicino al villaggio di Benítses, il Palazzo Achilleion si trova a soli 12 Km dal centro della città di Corfù, nel pittoresco borgo di Gastoúri.

La residenza estiva dell’imperatrice Elisabetta d’Austria, conosciuta come Sissi, è un palazzo in stile neo-classico-pompeiano, progettato dall’architetto napoletano Raffaele Caritto nel 1890. La struttura, al cui interno convivono numerosi stili, è caratterizzata da una scenografica ed elaboratissima scalinata centrale, e all’esterno dalle sue panoramiche terrazze e dai suoi lussureggianti giardini.

Oggi, trasformato in museo, ospita numerose opere ispirate alla mitologia greca secondo il gusto e la sensibilità di fine Ottocento; è meta di numerosi turisti, non solo per il fascino che la figura dell’imperatrice continua ad esercitare sulle nuove generazioni, ma soprattutto per l’incantevole vista che si gode dai suoi molti punti panoramici.

Corfù, Achilleion, esterno

Foto di Thomas Schoch — own work at http://www.retas.de/thomas/travel/corfu2006/index.html, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=843512

Il Palazzo è aperto alle visite tutti i giorni.

INDIRIZZO: Achilleio 490 84, Gastoúri, Grecia

CONTATTI TEL: +30 2661 056210

Itinerary-07-Arcadia-link-07

La Fortezza Nuova

Corfù, Fortezza Nuova (foto partner)

Sul fianco sinistro del porto di Corfù, in cima alla dolce collina che segna il confine della città vecchia, si erge la possente mole del Neo Frourio, il Nuovo Forte veneziano. Questa struttura difensiva, circondata da possenti mura, è in realtà di poco più recente rispetto alla Fortezza Vecchia, situata sul versante opposto della città.

Il Nuovo Forte fu eretto sotto la supervisione dell’architetto Francesco Vitelli, tra il 1576 e il 1645, quando l’isola era un dominio veneziano e importante presidio per arginare l’avanzata turca. All’interno furono scavati tunnel e gallerie che la collegavano alla Fortezza Vecchia e ad altri punti della città. Distrutta in gran parte durante la II Guerra Mondiale, è stata recentemente ristrutturata e, oggi, è sede di mostre d’arte ed eventi culturali. Dai suoi bastioni si gode una meravigliosa vista su Corfù.

(Le visite ad ingresso gratuito sono possibili tutti i giorni dalle 9.00 alle 15.30)

Itinerary-07-Arcadia-link-06

Vecchio Forte Veneziano

Corfù, vecchio forte veneziano (foto partner)

Un tempo la città di Corfù, in virtù del suo ruolo di importante baluardo difensivo veneziano contro le incursioni saracene, era circondata da un poderoso sistema di mura.

La più antica fortezza a ridosso del mare sorge sull’isoletta naturale che si trova all’estremità orientale di Corfù. Vi si può arrivare superando il ponte che collega il promontorio alla città, dopo aver percorso la Spianada, una delle strade più belle del centro storico. Il fossato è oggi utilizzato come approdo di pescherecci.

Il nucleo più antico del forte risale all’epoca bizantina, ma furono i veneziani che ne rinforzarono i bastioni e gli conferirono l’aspetto attuale. Agli inglesi si deve invece la costruzione di ulteriori strutture difensive e, nel 1840, della piccola cappella dedicata a San Giorgio in stile neo-dorico. Soltanto alcune delle parti di questo imponente complesso sono oggi visitabili, ma anche solo il panorama che si gode da questo luogo merita una visita.

Itinerary-07-Arcadia-link-05

L’ex Palazzo Della Motta

Fino a una quarantina di anni fa, a Bari ad angolo tra corso Vittorio Emanuele e corso Cavour, sorgeva un palazzo di dodici piani, conosciuto da tutti come il «grattacielo della Motta». In cima a questo edificio risplendeva la grande – e un po’ pacchiana– insegna luminosa al neon della famosa marca di dolciumi milanese che, al piano terra e al primo piano di questo palazzo, aveva aperto un grande bar e un ristorante, che erano diventati dei veri e propri punti di riferimento per i cittadini baresi.

Il «grattacielo» era stato costruito alla fine degli anni Cinquanta sulle macerie di un palazzo di soli due piani che ospitava una storica marca locale di caffè.

Giudicato da molti come il simbolo delle «banditesche imprese di speculazione edilizia» (B. Zevi, Cronache di architettura) che sfigurarono il centro murattiano di Bari, questo palazzo riassume bene quella provinciale voglia dei baresi di “scimmiottare” le grandi città del Nord. Eppure quando l’insegna della Motta fu tolta e i primi due piani dell’edificio, dopo decenni di abbandono, furono rilevati da una nota multinazionale americana di fast food, molti hanno rimpianto la pacchiana luce al neon che illuminava con la sua fredda luce rossa le notti del quartiere murattiano.

Itinerary-07-Arcadia-link-04

La Basilica Di San Nicola

Bari, basilica di San Nicola (foto di Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61405024)

La basilica di San Nicola, voluta dall’abate benedettino Elia nel 1089, fu consacrata nel 1197. Il colto abate volle realizzare un edificio che in sé riassumesse numerose funzioni e diversi significati. Doveva essere una chiesa di pellegrinaggio, la chiesa madre del popolo dei baresi e un punto di riferimento per chi giungeva dal mare e immediatamente si confrontava con la sagoma svettante delle sue torri.

Addentrandosi nel tessuto urbano, dopo aver costeggiato il castello e la cattedrale, dopo aver percorso l’attuale via delle Crociate, aver attraversato l’arco angioino, si raggiunge la piazza di San Nicola.

La basilica, espressione per eccellenza dell’architettura romanica pugliese, s’impone maestosa con la sua severa e candida facciata tripartita, movimentata unicamente da archetti ciechi che si rincorrono sino al timpano del portale principale e, sul registro superiore, dal lieve gioco chiaroscurale di monofore e bifore.

I solidi volumi del corpo di fabbrica sono pienamente percepibili grazie alle profonde arcate che corrono sul perimetro laterale dell’edificio.

Il registro superiore è alleggerito ai lati dall’elegante scorrere degli esaforati che, come dei ricami di pietra, permettono alla luce di creare intriganti effetti plastici.

Una struttura perfettamente unitaria dall’aspetto fortilizio che rimanda, nell’impianto del prospetto affiancato da due possenti torri, alle grandi cattedrali romaniche del Nord, ma che non rinuncia a racchiudere entro strutture rettilinee i volumi di cupole e volte, in assonanza con le tecniche costruttive medio-orientali e in omaggio alla lunga tradizione costruttiva pugliese. Per consentire l’afflusso dei pellegrini, che numerosi accorrevano a visitare le reliquie di San Nicola, lungo il perimetro della basilica si aprono cinque portali decorati con sculture che riescono a coniugare la bellezza delle forme con la ricchezza didascalica dei contenuti. Nell’apparato decorativo scultoreo di San Nicola esplode tutta l’energia del romanico pugliese: mondi popolati di monstra, attinti direttamente dai bestiari nordici, convivono con puntuali citazioni classiche, arricchite da motivi di chiara origine islamica, desunti da stoffe e oggetti preziosi che arrivavano sulle coste pugliesi insieme a pellegrini e mercanti.

Si osservi, in particolare, il portale detto dei leoni, che si apre sul fianco sinistro della basilica, proprio sotto il primo degli arconi laterali. Lungo l’archivolto è raccontata, attraverso la scultura, l’epopea dei Normanni, nuovi signori di Bari. Con un ductus di straordinaria felicità narrativa e propagandistica, le raffinate trame dell’arazzo di Bayeux sembrano prendere nuova vita e nuove forme in queste sculture, approdate in città per raccontare le storie dei signori del Nord ai nuovi sudditi meridionali.

Arazzo di Bayeux, XI secolo, oggi esposto al Centre Guillaume-le-Conquérant di Bayeux, particolare.

Bari, Basilica di San Nicola, porta dei leoni, XII secolo, particolare.

Di sapore decisamente più mediterraneo sono invece le sculture dei due buoi stilofori che ornano il protiro del portale centrale della basilica, opera di un anonimo scultore in grado di coniugare motivi della tradizione classica locale con un linguaggio già pienamente romanzo ed europeo.

Da secoli, gli anziani di Bari vecchia raccontano ai viaggiatori che si fermano davanti alla chiesa una leggenda. Quando il corpo del Santo di Myra giunse in città:

i cittadini non erano d’accordo sul luogo dove riporlo. Perciò fu stabilito di prendere dei buoi dalla campagna e di deporre le reliquie in una chiesa da costruirsi lì dove gli animali avessero trasportato il carro. Allora i buoi trassero il carro sul quale era stato posato il santo corpo dalla riva del mare. E la chiesa di San Nicola fu costruita lì, nel mare, donde l’acqua penetra talvolta nella cripta. (A. Adorno, Itinéraire d’Anselme Adorno en Terre Sainte)

In realtà la posizione della basilica nicolaiana, a dispetto della leggenda, non è affatto casuale, ma risponde a precise esigenze simboliche e politiche. La nuova chiesa palatina doveva sorgere laddove sorgeva il palazzo del Catapano, per indicare che adesso il Santo patrono, e con lui i signori normanni che avevano patrocinato la costruzione della chiesa, andavano ad occupare il posto e il ruolo che un tempo era stato dei Bizantini; inoltre la posizione a ridosso del mare doveva enfatizzare lo stretto rapporto della città con l’Adriatico. Per questo, la zona absidale della basilica, orientata verso il mare, è trattata come fosse una seconda facciata, con un grandissimo finestrone decorato da animali scolpiti. Si tratta di elefanti e sfingi, che oltre ai loro significati simbolici, alludono a quell’Oriente verso cui si dirigevano o da cui facevano ritorno pellegrini e mercanti che si imbarcavano a Bari sotto la protezione di San Nicola.

Bari, Basilica di San Nicola, Sfinge scolpita sul finestrone absidale, particolare.

L’interno della chiesa presenta una pianta a croce latina con i bracci del transetto contratti; è suddivisa in tre navate da grandissime colonne di importazione orientale, ornate da capitelli scolpiti che si alternano a pilastri. Successivi alla prima fase di edificazione sono invece gli arconi trasversali.

Nella zona presbiterale, i viaggiatori potranno ammirare la cosiddetta cattedra dell’abate Elia. La seduta, destinata all’alto prelato, è interamente scolpita in marmo da un artista che è stato in grado di coniugare la raffinatezza bizantina, nel trattamento delle parti decorative, con l’espressionismo romanico dei telamoni reggi-cattedra, ritratti con il volto deformato dallo sforzo e dal peso del peccato.

Bari, basilica di San Nicola, interno, cattedra dell’abate Elia

isultati immagini per cattedra abate elia

Bari, basilica di San Nicola, interno, cattedra dell’abate Elia, particolare.

In questa solenne cornice romanica si confrontano, in un suggestivo contrasto, la raffinata art de cour trapiantata dall’Ile de France dagli angioini, che succedettero ai Normanni e agli Svevi alla guida della città, e il fasto orientale, dal sapore tutto bizantino, della cripta gremita di arredi sontuosi ed icone. (M. S. Calò Mariani, L’immagine ed il culto di san Nicola a Bari e in Puglia)

Si accede alla cripta tramite una scalinata posta sulla navata laterale che conduce il fedele in una dimensione mistica, grazie alla profusione di icone, lampade, arredi in metalli preziosi, tessuti e ricami che concorrono a rendere estremamente suggestiva la vista delle reliquie di San Nicola, qui conservate.

Bari, basilica di San Nicola, cripta. (GNU Free Documentation License)

Bari, basilica di San Nicola, cripta, colonna dell’inferriata.

La cripta non è solo lo spazio del sacro, ma è anche lo spazio del racconto e della leggenda, tutto concorre a indurre il devoto al raccoglimento e il viaggiatore all’ascolto, come quando si scorge, in un angolo, un’antica colonna circondata da un’inferriata. Anche su questo oggetto, nel corso dei secoli, si sono tramandate numerose leggende che hanno contribuito ad accrescere la devozione dei baresi e dei pellegrini per San Nicola. Si racconta che, dopo il Concilio di Nicea, Nicola si recò a Roma a rendere omaggio a papa Silvestro. Nella città capitolina, dinanzi alla casa in demolizione di una donna di facili costumi, ammirò una bella colonna e la sospinse nel Tevere da dove miracolosamente giunse sino al porto di Myra, sua città natale. Al suo ritorno da Roma la collocò nella cattedrale della sua città. Si narra che così come miracolosamente la colonna aveva raggiunto la città anatolica, nuovamente la si vide galleggiare nelle acque di Bari, quando le reliquie del Santo giunsero in città. Nessuno tuttavia riusciva a prenderla. La notte precedente la riposizione delle reliquie di San Nicola nella nuova chiesa a lui consacrata, i baresi udirono suonare le campane e accorsero nei pressi della basilica e videro un Santo vescovo che, con due angeli, poneva una colonna dal colore rosa a completamento dell’opera. (Cfr. A. Beatillo, Historia delle vita, miracoli, traslatione, e gloria dell’Illustrissimo confessore di Christo s.Nicolò il Magno, arcivescovo di Mira, patrone, e protettore della città di Bari)

Da allora, quella colonna, che si dice abbia viaggiato da Oriente a Occidente, esattamente come il culto di San Nicola, è diventata oggetto di venerazione per le popolazioni locali, per i pellegrini e in particolare per donne in età da marito.

Molte opere d’arte provenienti dalla Basilica sono oggi conservate nel Museo Nicolaiono che si trova nella città vecchia, poco distante dalla chiesa, in Strada Vanese 3.

Itinerary-07-Arcadia-link-03

La cattedrale di Bari

La Cattedrale di Bari di San Sabino (Di Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61448663)

La Cattedrale di Bari, intitolata a San Sabino e alla Vergine Odegitria, cioè colei che indica il cammino, sembra emergere a fatica tra i rumorosi vicoli della città vecchia, quasi nascosta nel suo ventre e dalla fama della più nota e venerata chiesa di S. Nicola. A imporre la sua presenza ci pensa la torre campanaria, l’unica che svetta così alta tra i tetti bassi del borgo e che, da secoli, rimane inconfondibile punto di riferimento nello skyline urbano.

Sulla bianca facciata tripartita e all’ interno è possibile leggere la sua lunga storia, che ha inizio in tempi remoti nel succorpo, impreziosito da bellissimi mosaici paleocristiani, e che si snoda per secoli, sino alle aggiunte di epoca barocca, evidenti nella cripta e nelle statue dall’accentuata teatralità, che arricchiscono il portale principale.

L’edifico ha assunto l’aspetto attuale tra il 1170 e il 1178, quando fu completamente ricostruito, dopo essere stato raso al suolo per volere di Guglielmo il Malo, in seguito alla rivolta dei baresi ai nuovi signori normanni.

La facciata è suddivisa da lesene in tre parti che riproducono all’esterno la suddivisione delle navate interne. Le sommità degli spioventi presentano un coronamento ad archetti pensili poggianti su mensole scolpite con serpenti e animali, attinti direttamente dal ricco e fantasioso bestiario medievale.

Un grande rosone, decorato da statue di mostri, draghi, serpenti e figure grottesche, si apre sul registro superiore in corrispondenza con il portale principale. La zona absidale è interamente nascosta all’esterno da un muro di controfacciata che conserva un meraviglioso finestrone, considerato uno dei capolavori della scultura romanica dell’XII secolo. Questa ampia apertura centinata, incorniciata da un baldacchino poggiante su colonne pensili, è esuberantemente scolpita con motivi vegetali e animali di origine orientale, tra cui spicca una misteriosa arpia.

http://www.medioevo.org/artemedievale/Images/Puglia/Bari/IMG_6943.JPG

Bari, Cattedrale, controfacciata, finestrone absidale.

http://www.medioevo.org/artemedievale/Images/Puglia/Bari/Bari29.jpg

Bari, Cattedrale, controfacciata, particolare del finestrone absidale

La fantasiosa decorazione plastica romanica dell’esterno contrasta con l’atmosfera austera e mistica dell’interno, dove il silenzio delle profonde navate è ritmato solo dal solenne gioco dei colonnati, a cui fanno da contrappunto le eleganti trifore dei matronei superiori.

Bari, cattedrale di San Sabino, interno. (Foto di Porcullus Marek Postawka – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3526917)

Cinque metri sotto il livello della Cattedrale si conserva il nucleo più antico della chiesa che risale al VI secolo. Si tratta di una basilica paleocristiana che ha conservato quasi intatto il suo fascino antico. L’ambiente, originariamente diviso in tre navate, oggi conserva le basi su cui poggiavano le colonne originarie e un mosaico pavimentale decorato con motivi geometrici ed elementi vegetali e zoomorfi. È ancora leggibile un’iscrizione che ricorda di come un tale Timoteo, per adempiere a un voto, provvide a proprie spese alla decorazione musiva del pavimento.

Oggetto di particolare devozione è l’icona della Madonna Odegitria, conosciuta anche come Madonna di Costantinopoli, conservata nella cripta. La tradizione narra che la tavola sia giunta a Bari da Costantinopoli, nell’VIII secolo, quando durante il periodo iconoclasta, l’imperatore d’Oriente aveva ordinato la distruzione di tutte le immagini sacre. In realtà si tratta di una tavola del XVI secolo che riproduce il tipo iconografico, caro alla tradizione bizantina, della Vergine in trono che indica con la mano il figlio e, così facendo, mostra la via per il cielo che è Cristo.

Nel corso del XVIII secolo la tavola fu modificata e, secondo il gusto e la sensibilità estetica dell’epoca, fu protetta e incastonata in una fastosa riza argentea.

Icona della Vergine Odegitria

(Foto di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=58901057)

Itinerary-07-Arcadia-link-02

Il castello svevo

Il Castello Svevo di Bari, con la sua poderosa e severa mole, sorge all’estremo margine della città vecchia, dove un tempo fungeva da perno dell’antica cinta muraria.

Bari, Castello Svevo (foto di Carlo Dani – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=77189036)

Il castello di Bari è un maniero che, come in un gioco di scatole cinesi, ne contiene al suo interno almeno altri due. Evidenze archeologiche hanno infatti mostrato la presenza di strutture difensive di epoca romana, sui cui resti fu edificato un Kastron bizantino e altri edifici con funzioni abitative. In questo sito fu Ruggero II di Sicilia, nel 1130, ad ordinare a maestranze saracene di innalzare il castello. I baresi non amarano mai questo luogo, simbolo così evidente del potere regio, ed infatti, più volte, fu demolito dalla popolazione nel corso dei secoli. Con l’arrivo degli Svevi, e con la politica di incastellamento voluta dall’imperatore Federico II, nella prima metà del XIII secolo, fu recuperato l’impianto difensivo normanno, gravemente danneggiato nel corso delle ribellioni popolari del secolo precedente. Il possente quadrilatero, a pianta trapezioidale munito di torri angolari realizzate a bugne, fu ingentilito da monofore e bifore e da un meraviglioso portale di gusto gotico-federiciano, scolpito con figure antromorfe e zoomorfe, motivi mitologici e simboli chiaramente araldici, ispirati all’iconografia imperiale. Sul concio della chiave di volta campeggia un’aquila che serra tra i suoi artigli un leoncino, simbolo ricorrente nell’architettura federiciana.

A questa stessa epoca e sensibilità estetica, risale anche il vestibolo, cui si accede superato il portale. Questo ambiente presenta una copertura con volte a crociera, sorrette da colonne e paraste dai capitelli finemente scolpiti: un mondo di pietra in cui il naturalismo gotico federiciano convive con suggestioni islamiche. È noto che tra le maestranze al servizio dell’imperatore ci fossero molti artisti, artigiani e scalpellini arabi. Proprio nel castello barese, a testimonianza del melting-pot culturale promosso dal sovrano svevo, lavorò, insieme ai lapicidi Finarro di Canosa e Mele da Stignano, un certo Ismael, che ha lasciato la sua firma su uno dei capitelli.

Agli Svevi succedettero gli Angioini che vollero restaurare la zona nord del castello e le sale di rappresentanza, nonostante ciò i nuovi sovrani non soggiornarono mai in questa dimora, che rimase abbandonata sino all’arrivo, nel 1524, di Isabella Sforza e sua figlia Bona. Sono loro le vere signore del castello, che ne fecero una lussuosa dimora rinascimentale, circondata da una rinnovata cinta muraria. All’interno, loggiati, scale, saloni e affreschi abbellirono la severa struttura fortilizia. Con la morte di Bona Sforza, il castello di Bari non ha più conosciuto fasi di splendore, ma fu lasciato cadere in rovina.

Il castello Svevo non è solo un edificio dal grande pregio storico e architettonico, ma tra le sue antiche mura riecheggiano ancora le storie legate a un leggendario incontro tra San Francesco e Federico II. Non suffragato da alcun documento, è infatti l’episodio che racconta di come, proprio nelle stanze del maschio barese, l’imperatore Federico II sottopose il poverello d’Assisi alla prova della tentazione della carne.

Itinerary-07-Arcadia-link-01

La chiesa della Vallisa

Bari Vecchia, chiesa della Vallisa, (foto di Gigi Scorcia is licensed under CC BY 2.0 )

<p style=”font-size: 0.9rem;font-style: italic;”><a href=”https://www.flickr.com/photos/7994827@N03/2847030066″>”in giro di domenica con 38°C all’ombra”</a><span>by <a href=”https://www.flickr.com/photos/7994827@N03″>Gigi Scorcia</a></span> is licensed under <a href=”https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/?ref=ccsearch&atype=html” style=”margin-right: 5px;”>CC BY 2.0</a><a href=”https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/?ref=ccsearch&atype=html” target=”_blank” rel=”noopener noreferrer” style=”display: inline-block;white-space: none;opacity: .7;margin-top: 2px;margin-left: 3px;height: 22px !important;”><img style=”height: inherit;margin-right: 3px;display: inline-block;” src=”https://search.creativecommons.org/static/img/cc_icon.svg” /><img style=”height: inherit;margin-right: 3px;display: inline-block;” src=”https://search.creativecommons.org/static/img/cc-by_icon.svg” /></a></p>

La chiesa della Vallisa è una piccola basilica romanica, fatta costruire dalle comunità di mercanti Ravellesi e Amalfitani presenti in città nel Medioevo. Il nome Vallisa deriva infatti dalla parola dialettale Raveddise, cioè il termine con cui i baresi chiamavano i mercanti di Ravello. Le tre absidi semicircolari, che caratterizzano il retro della chiesa, si affacciano in piazza del Ferrarese.

L’edificio, risalente all’XI secolo, ha la sua entrata in strada Vallisa, uno dei piccoli e caratteristici vicoli che intersecano il centro storico di Bari Vecchia. La facciata è preceduta da un profondo portico a tre arcate. L’interno presenta un semplice impianto basilicale a tre navate terminanti in altrettante piccole absidi. Questo luogo, molto diverso da come doveva presentarsi in passato, ha conservato un fascino austero e mistico. Oggi è una chiesa sconsacrata adibita ad auditorium diocesano nel quale hanno luogo numerose manifestazioni musicali.

Posts pagination

1 2 3 4

Search

Recent posts

  • Viaggio senza limiti – SPA
  • Viaggio senza limiti – GER
  • Il Castello Aragonese Di Taranto
  • Il Museo Marta Di Taranto
  • I Trulli

Archives

  • March 2020
  • February 2020
  • December 2019
  • November 2019
  • October 2019
  • September 2019
  • August 2019
  • July 2019
  • June 2019
  • May 2019
  • April 2019
November 2019
M T W T F S S
 123
45678910
11121314151617
18192021222324
252627282930  
« Oct   Dec »
Privacy & Cookies: This site uses cookies. By continuing to use this website, you agree to their use.
To find out more, including how to control cookies, see here: Cookie Policy
© 2018-2025Humanistic Informatics Laboratory,
Department of Informatics, Ionian University
Theme by Colorlib Powered by WordPress
  • Twitter
  • Facebook
  • Instagram
  • Youtube
  • Pinterest