Skip to content
POLYSEMi Portal
  • Home
  • Partners
  • Events
    • Facebook Feeds
    • Twitter Feeds
    • POLYSEMI Final Conference
    • Press Conference
    • Cultural Heritage and Tourism
    • Networking Platform – Report
    • Literature as a tourist guide
    • International itinerant congress
    • Stakeholders meeting
    • Invisible threads – Visible ties
    • Corfu Conference
    • Literary Week
      • Programme
      • Theatrical events
      • Sustainable Cultural and Tourism Development: Cultural Routes
      • Workshop: Designing Cultural Routes
      • Lectures and music
      • Between the Adriatic and the Ionian. Cultural resources and sustainable tourism
    • Taranto Conference
    • Educational Activities
    • Apoplus Exhibition
      • APOPLUS Video clip
      • APOPLUS Book
      • APOPLUS Grand opening
      • APOPLUS Video Streaming
      • APOPLUS Press Release
      • APOPLUS Invitation
      • APOPLUS Poster
      • APOPLUS Brief Presentation
      • APOPLUS Artists
        • A-Z
          • Antonio Brandimarte
          • Colleen Corradi Brannigan
          • Francesco Cherci
          • Fabio Alessandro Fusco
          • Paul Haigh
          • He Lidan
          • Stephen Nova
          • Karina Puente Frantzen
          • Donatella Violi
        • Α-Ι (Greek)
          • Io Angeli
          • Giannis Adamakis
          • Sofia Avgerinou-Kolonia
          • Antonis Vathis
          • Archontoula Vasilara
          • Olga Venetsianou
          • Spyros Verykios
          • Socrates Yiannoudes
          • Efthimios Efthimiadis
          • Tzimis Efthimiou
          • Kiveli Zachariou
        • Κ-Μ (Greek)
          • Andreas Kalakallas
          • George Kalakallas
          • Christophoros Katsadiotis
          • Nikolas Klironomos
          • Μaria Konomi
          • Aspassia Kouzoupi
          • Nikolaos Kourniatis
          • Lia Koutelieri
          • Nikos Kranakis
          • Dimitris Kostas
          • Loula Leventi
          • Elisavet Mandoulidou
          • Maria Markou
          • Dimitra Mermigki
          • Dimitris Miliotis
          • Frini Mouzakitou
        • Ν-Ω (Greek)
          • Stelios Panagiotopoulos
          • Panagiotis Panos
          • Maria Papadimitriou
          • Filippos Peristeris
          • Vangelis Rinas
          • Dimitris A. Sevastakis
          • Andreas Sitorengo
          • Stefanos Souvatzoglou
          • Anastasia Zoi Souliotou
          • Efrossyni Tsakiri
          • Dimitris Tsiantzis
          • Helene Haniotou
          • Vivetta Christouli
      • APOPLUS New Artists
      • APOPLUS Workshops
    • Bari Conference
  • Library
    • Greek library
    • Italian library
  • All Itineraries
    • Greek itineraries
      • Konstantinos Theotokis
      • Dionysios Solomos
      • Angelos Sikelianos
      • Gregorios Ksenopoulos
    • Italian itineraries
      • The Pilgrim’s Tales
      • Walking with Sisi
      • The routes to Arcadia
      • The Passion Itinerary
      • Enchanted Travelers
      • Eminent Author Reports
      • Lawrence Durrell
      • Myths And Heroes
      • The Writers’ Island
      • Travel without Limits
  • Tours
    • Educational Tour in Zakynthos
    • Educational Tour in Corfu
    • Educational Tour in Kefalonia
    • Educational Tour in Lefkada
  • Streams
    • Apoplus exhibition – video clip
    • Apoplus exhibition – video streams
    • Sustainable Cultural and Tourism Development: Cultural Routes – video streams
  • Media
  • Network
  • English
    • English
    • Ελληνικά
    • Italiano
Itinerary-05-Pilgrim-link-07

La Civiltà Rupestre In Puglia

Gravine in provincia di Mottola

Gravine, lame, burroni, grotte, cripte e chiese dalle pareti roccese affrescate sono il patrimonio naturale e artistico tutelato nel Parco Regionale delle Gravine dell’Arco Ionico, una vasta area geografica che comprende molti comuni della provincia di Taranto.

Per molto tempo si è pensato che le grotte di queste gravine fossero state utilizzate, nel corso dei secoli medievali, quasi esclusivamente da monaci eremiti o da religiosi di origine orientale giunti in Puglia in seguito alle lotte iconoclaste dell’VIII secolo. In realtà autorevoli studiosi di diverse discipline, dalla geologia alla storia, a partire soprattutto dalle ipotesi avanzate dallo storico Cosimo Damiano Fonseca, hanno dimostrato che le chiese rupestri o le cosiddette cripte eremitiche furono solo una delle possibili espressioni del vivere in grotta. Abitazioni e interi villaggi furono scavati sui fianchi delle lame e delle gravine, tra il X e il XV secolo, dalle popolazioni locali che scelsero la vita in rupe come cosciente alternativa a quella urbana. Per questo motivo si è coniata l’espressione “civiltà rupestre”, attraverso la quale si vuole designare quel particolare modo di vivere alternativo, ma non subalterno a quello delle città e dei villaggi. In Puglia l’abitudine di scavare nella tenera roccia calcarenitica risale all’età del Bronzo, periodo a cui risalgono numerose sepolture rinvenute dagli archeologi. Anche durante l’età classica gli ambienti ipogei hanno continuato ad essere utilizzati, a dimostrazione che la cultura del vivere in grotta era radicata nella gente del luogo già prima della diffusione del cristianesimo. La Puglia può vantare un ricchissimo patrimonio rupestre, consigliamo al viaggiatore di visitare le chiese di Massafra e Mottola.

Segnaliamo in particolar modo la Chiesa della Candelora e il complesso rupestre annesso al santuario della Madonna della Scala.

La chiesa della Candelora si affaccia direttamente sulla Gravina di San Marco e si trova all’interno di un giardino privato raggiungibile percorrendo Via Canali. La Cripta dall’impianto basilicale a tre navate, nonostante alcuni crolli che hanno compromesso l’originario ingresso e parte della zona absidale, conserva le coperture a finti spioventi e cupole. Le pareti, lungo i cui fianchi si aprono varie arcate, ospitano affreschi di rara bellezza, risalenti al XIII-XIV secolo. Queste pitture sono accompagnate da iscrizioni sia greche sia latine, a testimonianza della polifonia culturale della regione, ponte tra l’Oriente greco-bizantino e l’Occidente latino. Particolarmente suggestivo è l’affresco della Vergine che conduce il Bambino. Si tratta di un’iconografia molto rara che sembra voler esaltare la dolcezza materna di Maria che quasi incede fuori dallo spazio sacro del dipinto – si notino i piedi che, prima del ribassamento del pavimento, toccavo il piano di calpestio – e sembra rivolgere premurose raccomandazioni al figlio, che porta con sé un cesto con delle uova, che sono state variamente interpretate. Nella simbologia cristiana l’uovo può alludere alla Passione, poiché metafora di un sepolcro dal quale nasce la vita. Al lato della Vergine, le due figure più piccole rappresentano i coniugi committenti dell’affresco.

isultati immagini per cripta della candelora Massafra

Cripta della Candelora, affresco delle Vergine che conduce il Bambino

Una visita merita sicuramente anche il Santuario di Santa Maria della Scala, con l’annessa cripta. Ubicato alla periferia di Massafra, lungo una profonda e pittoresca gravina, vi si accede grazie ad una scenografica scalinata di gusto barocco.

Un’antica leggenda narra che nel luogo dove oggi sorge il santuario furono rinvenute due cerve che adoravano un’icona mariana. Il Santuario odierno fu costruito nel XVIII secolo, al di sopra della cripta primitiva, frequentata fin da tempi antichissimi. L’edificio oggi di forme e gusto settecentesco, conserva al suo interno un pregevolissimo affresco del XIII secolo, raffigurante una splendida Madonna con Bambino, proveniente probabilmente dalla chiesetta rupestre della Buona Nuova, posta accanto al Santuario e in gran parte compromessa durante i lavori di edificazione della scalinata barocca. Lo dimostrerebbe la strettissima somiglianza con un altro degli affreschi dedicati alla Vergine presente nella cripta della chiesetta attigua al Santuario.

Massafra, Madonna della Scala, Madonna con Bambino

Massafra, Madonna della Buona Nuova, Madonna con Bambino

Itinerary-05-Pilgrim-link-06

La Basilica Di San Nicola

Bari, basilica di San Nicola (foto di Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61405024)

La basilica di San Nicola, voluta dall’abate benedettino Elia nel 1089, fu consacrata nel 1197. Il colto abate volle realizzare un edificio che in sé riassumesse numerose funzioni e diversi significati. Doveva essere una chiesa di pellegrinaggio, la chiesa madre del popolo dei baresi e un punto di riferimento per chi giungeva dal mare e immediatamente si confrontava con la sagoma svettante delle sue torri.

Addentrandosi nel tessuto urbano, dopo aver costeggiato il castello e la cattedrale, dopo aver percorso l’attuale via delle Crociate, aver attraversato l’arco angioino, si raggiunge la piazza di San Nicola.

La basilica, espressione per eccellenza dell’architettura romanica pugliese, s’impone maestosa con la sua severa e candida facciata tripartita, movimentata unicamente da archetti ciechi che si rincorrono sino al timpano del portale principale e, sul registro superiore, dal lieve gioco chiaroscurale di monofore e bifore.

I solidi volumi del corpo di fabbrica sono pienamente percepibili grazie alle profonde arcate che corrono sul perimetro laterale dell’edificio.

Il registro superiore è alleggerito ai lati dall’elegante scorrere degli esaforati che, come dei ricami di pietra, permettono alla luce di creare intriganti effetti plastici.

Una struttura perfettamente unitaria dall’aspetto fortilizio che rimanda, nell’impianto del prospetto affiancato da due possenti torri, alle grandi cattedrali romaniche del Nord, ma che non rinuncia a racchiudere entro strutture rettilinee i volumi di cupole e volte, in assonanza con le tecniche costruttive medio-orientali e in omaggio alla lunga tradizione costruttiva pugliese. Per consentire l’afflusso dei pellegrini, che numerosi accorrevano a visitare le reliquie di San Nicola, lungo il perimetro della basilica si aprono cinque portali decorati con sculture che riescono a coniugare la bellezza delle forme con la ricchezza didascalica dei contenuti. Nell’apparato decorativo scultoreo di San Nicola esplode tutta l’energia del romanico pugliese: mondi popolati di monstra, attinti direttamente dai bestiari nordici, convivono con puntuali citazioni classiche, arricchite da motivi di chiara origine islamica, desunti da stoffe e oggetti preziosi che arrivavano sulle coste pugliesi insieme a pellegrini e mercanti.

Si osservi, in particolare, il portale detto dei leoni, che si apre sul fianco sinistro della basilica, proprio sotto il primo degli arconi laterali. Lungo l’archivolto è raccontata, attraverso la scultura, l’epopea dei Normanni, nuovi signori di Bari. Con un ductus di straordinaria felicità narrativa e propagandistica, le raffinate trame dell’arazzo di Bayeux sembrano prendere nuova vita e nuove forme in queste sculture, approdate in città per raccontare le storie dei signori del Nord ai nuovi sudditi meridionali.

Arazzo di Bayeux, XI secolo, oggi esposto al Centre Guillaume-le-Conquérant di Bayeux, particolare.

Bari, Basilica di San Nicola, porta dei leoni, XII secolo, particolare.

Di sapore decisamente più mediterraneo sono invece le sculture dei due buoi stilofori che ornano il protiro del portale centrale della basilica, opera di un anonimo scultore in grado di coniugare motivi della tradizione classica locale con un linguaggio già pienamente romanzo ed europeo.

Da secoli, gli anziani di Bari vecchia raccontano ai viaggiatori che si fermano davanti alla chiesa una leggenda. A noi la racconta Anselmo Adorno, pellegrino fiammingo del XV secolo, giunto in città di ritorno dalla Terra Santa, per venerare le reliquie di San Nicola:

[…] i cittadini non erano d’accordo sul luogo dove riporlo. Perciò fu stabilito di prendere dei buoi dalla campagna e di deporre le reliquie in una chiesa da costruirsi lì dove gli animali avessero trasportato il carro. Allora i buoi trassero il carro sul quale era stato posato il santo corpo dalla riva del mare. E la chiesa di San Nicola fu costruita lì, nel mare, donde l’acqua penetra talvolta nella cripta. (A. Adorno, Itinéraire d’Anselme Adorno en Terre Sainte)

In realtà la posizione della basilica nicolaiana, a dispetto della leggenda, non è affatto casuale, ma risponde a precise esigenze simboliche e politiche. La nuova chiesa palatina doveva sorgere laddove sorgeva il palazzo del Catapano, per indicare che adesso il Santo patrono, e con lui i signori normanni che avevano patrocinato la costruzione della chiesa, andavano ad occupare il posto e il ruolo che un tempo era stato dei Bizantini; inoltre la posizione a ridosso del mare doveva enfatizzare lo stretto rapporto della città con l’Adriatico. Per questo, la zona absidale della basilica, orientata verso il mare, è trattata quasi come fosse una seconda facciata, con un grandissimo finestrone decorato da animali scolpiti. Si tratta di elefanti e sfingi, che oltre ai loro significati simbolici, alludono a quell’Oriente verso cui si dirigevano o da cui facevano ritorno pellegrini e mercanti che si imbarcavano a Bari sotto la protezione di San Nicola.

Bari, Basilica di San Nicola, Sfinge scolpita sul finestrone absidale, particolare.

L’interno della chiesa presenta una pianta a croce latina con i bracci del transetto contratti; è suddivisa in tre navate da grandissime colonne di importazione orientale, ornate da capitelli scolpiti che si alternano a pilastri. Successivi alla prima fase di edificazione sono invece gli arconi trasversali.

Nella zona presbiterale, i viaggiatori potranno ammirare la cosiddetta cattedra dell’abate Elia. La seduta, destinata all’alto prelato, è interamente scolpita in marmo da un artista che è stato in grado di coniugare la raffinatezza bizantina, nel trattamento delle parti decorative, con l’espressionismo romanico dei telamoni reggi-cattedra, ritratti con il volto deformato dallo sforzo e dal peso del peccato.

Bari, basilica di San Nicola, interno, cattedra dell’abate Elia

isultati immagini per cattedra abate elia

Bari, basilica di San Nicola, interno, cattedra dell’abate Elia, particolare.

In questa solenne cornice romanica si confrontano, in un suggestivo contrasto, la raffinata art de cour trapiantata dall’Ile de France dagli angioini, che succedettero ai Normanni e agli Svevi alla guida della città, e il fasto orientale, dal sapore tutto bizantino, della cripta gremita di arredi sontuosi ed icone. (M. S. Calò Mariani, L’immagine ed il culto di san Nicola a Bari e in Puglia)

Si accede alla cripta tramite una scalinata posta sulla navata laterale che conduce il fedele in una dimensione mistica, grazie alla profusione di icone, lampade, arredi in metalli preziosi, tessuti e ricami che concorrono a rendere estremamente suggestiva la vista delle reliquie di San Nicola, qui conservate.

Bari, basilica di San Nicola, cripta.

(GNU Free Documentation License)

Bari, basilica di San Nicola, cripta, colonna dell’inferriata.

La cripta non è solo lo spazio del sacro, ma è anche lo spazio del racconto e della leggenda, tutto concorre a indurre il devoto al raccoglimento e il viaggiatore all’ascolto, come quando si scorge, in un angolo, un’antica colonna circondata da un’inferriata. Anche su questo oggetto, nel corso dei secoli, si sono tramandate numerose leggende che hanno contribuito ad accrescere la devozione dei baresi e dei pellegrini per San Nicola. Si racconta che, dopo il Concilio di Nicea, Nicola si recò a Roma a rendere omaggio a papa Silvestro. Nella città capitolina, dinanzi alla casa in demolizione di una donna di facili costumi, ammirò una bella colonna e la sospinse nel Tevere da dove miracolosamente giunse sino al porto di Myra, sua città natale. Al suo ritorno da Roma la collocò nella cattedrale della sua città. Si narra che così come miracolosamente la colonna aveva raggiunto la città anatolica, nuovamente la si vide galleggiare nelle acque di Bari, quando le reliquie del Santo giunsero in città. Nessuno tuttavia riusciva a prenderla. La notte precedente la riposizione delle reliquie di San Nicola nella nuova chiesa a lui consacrata, i baresi udirono suonare le campane e accorsero nei pressi della basilica e videro un Santo vescovo che, con due angeli, poneva una colonna dal colore rosa a completamento dell’opera. (Cfr. A. Beatillo, Historia delle vita, miracoli, traslatione, e gloria dell’Illustrissimo confessore di Christo s.Nicolò il Magno, arcivescovo di Mira, patrone, e protettore della città di Bari)

Da allora, quella colonna, che si dice abbia viaggiato da Oriente a Occidente, esattamente come il culto di San Nicola, è diventata oggetto di venerazione per le popolazioni locali, per i pellegrini e in particolare per donne in età da marito.

Molte opere d’arte provenienti dalla Basilica sono oggi conservate nel Museo Nicolaiono che si trova nella città vecchia, poco distante dalla chiesa, in Strada Vanese 3.

Itinerary-05-Pilgrim-link-05

La Cattedrale Di Bari

La Cattedrale di Bari di San Sabino (Di Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61448663)

La Cattedrale di Bari, intitolata a San Sabino e alla Vergine Odegitria, cioè colei che indica il cammino, sembra emergere a fatica tra i rumorosi vicoli della città vecchia, quasi nascosta nel suo ventre e dalla fama della più nota e venerata chiesa di S. Nicola. A imporre la sua presenza ci pensa la torre campanaria, l’unica che svetta così alta tra i tetti bassi del borgo e che, da secoli, rimane inconfondibile punto di riferimento nello skyline urbano.

Sulla bianca facciata tripartita e all’ interno è possibile leggere la sua lunga storia, che ha inizio in tempi remoti nel succorpo, impreziosito da bellissimi mosaici paleocristiani, e che si snoda per secoli, sino alle aggiunte di epoca barocca, evidenti nella cripta e nelle statue dall’accentuata teatralità, che arricchiscono il portale principale.

L’edifico ha assunto l’aspetto attuale tra il 1170 e il 1178, quando fu completamente ricostruito, dopo essere stato raso al suolo per volere di Guglielmo il Malo, in seguito alla rivolta dei baresi ai nuovi signori normanni.

La facciata è suddivisa da lesene in tre parti che riproducono all’esterno la suddivisione delle navate interne. Le sommità degli spioventi presentano un coronamento ad archetti pensili poggianti su mensole scolpite con serpenti e animali, attinti direttamente dal ricco e fantasioso bestiario medievale.

Un grande rosone, decorato da statue di mostri, draghi, serpenti e figure grottesche, si apre sul registro superiore in corrispondenza con il portale principale. La zona absidale è interamente nascosta all’esterno da un muro di controfacciata che conserva un meraviglioso finestrone, considerato uno dei capolavori della scultura romanica dell’XII secolo. Questa ampia apertura centinata, incorniciata da un baldacchino poggiante su colonne pensili, è esuberantemente scolpita con motivi vegetali e animali di origine orientale, tra cui spicca una misteriosa arpia.

http://www.medioevo.org/artemedievale/Images/Puglia/Bari/IMG_6943.JPG

Bari, Cattedrale, controfacciata, finestrone absidale.

http://www.medioevo.org/artemedievale/Images/Puglia/Bari/Bari29.jpg

Bari, Cattedrale, controfacciata, particolare del finestrone absidale

La fantasiosa decorazione plastica romanica dell’esterno contrasta con l’atmosfera austera e mistica dell’interno, dove il silenzio delle profonde navate è ritmato solo dal solenne gioco dei colonnati, a cui fanno da contrappunto le eleganti trifore dei matronei superiori.

Bari, cattedrale di San Sabino, interno.

(foto di Porcullus Marek Postawka – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3526917)

Cinque metri sotto il livello della Cattedrale si conserva il nucleo più antico della chiesa che risale al VI secolo. Si tratta di una basilica paleocristiana che ha conservato quasi intatto il suo fascino antico. L’ambiente, originariamente diviso in tre navate, oggi conserva le basi su cui poggiavano le colonne originarie e un mosaico pavimentale decorato con motivi geometrici ed elementi vegetali e zoomorfi. È ancora leggibile un’iscrizione che ricorda di come un tale Timoteo, per adempiere a un voto, provvide a proprie spese alla decorazione musiva del pavimento.

Oggetto di particolare devozione è l’icona della Madonna Odegitria, conosciuta anche come Madonna di Costantinopoli, conservata nella cripta. La tradizione narra che la tavola sia giunta a Bari da Costantinopoli, nell’VIII secolo, quando durante il periodo iconoclasta, l’imperatore d’Oriente aveva ordinato la distruzione di tutte le immagini sacre. In realtà si tratta di una tavola del XVI secolo che riproduce il tipo iconografico, caro alla tradizione bizantina, della Vergine in trono che indica con la mano il figlio e, così facendo, mostra la via per il cielo che è Cristo.

Nel corso del XVIII secolo la tavola fu modificata e, secondo il gusto e la sensibilità estetica dell’epoca, fu protetta e incastonata in una fastosa riza argentea.

Icona della Vergine Odegitria

(Foto di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=58901057)

Itinerary-05-Pilgrim-link-04

Il Castello Svevo

Il Castello Svevo di Bari, con la sua poderosa e severa mole, sorge all’estremo margine della città vecchia, dove un tempo fungeva da perno dell’antica cinta muraria.

Bari, Castello Svevo (foto di Carlo Dani – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=77189036)

Il castello di Bari è un maniero che, come in un gioco di scatole cinesi, ne contiene al suo interno almeno altri due. Evidenze archeologiche hanno infatti mostrato la presenza di strutture difensive di epoca romana, sui cui resti fu edificato un kastron bizantino e altri edifici con funzioni abitative. In questo sito fu Ruggero II di Sicilia, nel 1130, ad ordinare a maestranze saracene di innalzare il castello. I baresi non amarano mai questo luogo, simbolo così evidente del potere regio, ed infatti, più volte, fu demolito dalla popolazione nel corso dei secoli. Con l’arrivo degli Svevi, e con la politica di incastellamento voluta dall’imperatore Federico II, nella prima metà del XIII secolo, fu recuperato l’impianto difensivo normanno, gravemente danneggiato nel corso delle ribellioni popolari del secolo precedente. Il possente quadrilatero, a pianta trapezioidale munito di torri angolari realizzate a bugne, fu ingentilito da monofore e bifore e da un meraviglioso portale di gusto gotico-federiciano, scolpito con figure antromorfe e zoomorfe, motivi mitologici e simboli chiaramente araldici, ispirati all’iconografia imperiale. Sul concio della chiave di volta campeggia un’aquila che serra tra i suoi artigli un leoncino, simbolo ricorrente nell’architettura federiciana.

A questa stessa epoca e sensibilità estetica, risale anche il vestibolo, cui si accede superato il portale. Questo ambiente presenta una copertura con volte a crociera, sorrette da colonne e paraste dai capitelli finemente scolpiti: un mondo di pietra in cui il naturalismo gotico federiciano convive con suggestioni islamiche. È noto che tra le maestranze al servizio dell’imperatore ci fossero molti artisti, artigiani e scalpellini arabi. Proprio nel castello barese, a testimonianza del melting-pot culturale promosso dal sovrano svevo, lavorò, insieme ai lapicidi Finarro di Canosa e Mele da Stignano, un certo Ismael, che ha lasciato la sua firma su uno dei capitelli.

Agli Svevi succedettero gli Angioini che vollero restaurare la zona nord del castello e le sale di rappresentanza, nonostante ciò i nuovi sovrani non soggiornarono mai in questa dimora, che rimase abbandonata sino all’arrivo, nel 1524, di Isabella Sforza e sua figlia Bona. Sono loro le vere signore del castello, che ne fecero una lussuosa dimora rinascimentale, circondata da una rinnovata cinta muraria. All’interno, loggiati, scale, saloni e affreschi abbellirono la severa struttura fortilizia. Con la morte di Bona Sforza, il castello di Bari non ha più conosciuto fasi di splendore, ma fu lasciato cadere in rovina.

Il castello Svevo non è solo un edificio dal grande pregio storico e architettonico, ma tra le sue antiche mura riecheggiano ancora le storie legate a un leggendario incontro tra San Francesco e Federico II. Non suffragato da alcun documento, è infatti l’episodio che racconta di come, proprio nelle stanze del maschio barese, l’imperatore Federico II sottopose il poverello d’Assisi alla prova della tentazione della carne.

Itinerary-05-Pilgrim-link-03

L’ospadale Dei Crociati

Viale dei Crociati, Piazza Basilica 1, 70056 Molfetta (BA)

Realizzato nell’XI secolo per volontà di Ruggero Borsa, Duca di Calabria e di Puglia, per ospitare i pellegrini che da Oriente e Occidente visitavano i luoghi sacri della cristianità, conserva i segni del passaggio di generazioni di viaggiatori: croci incise sulle pareti di pietra e nicchie pensate per deporre i leggeri bagagli degli ospiti. Si può visitare gratuitamente, previa prenotazione telefonica al numero 0039.080.3381369

Itinerary-05-Pilgrim-link-02

Duomo Di Molfetta

Molfetta, Duomo di San Corrado -pubblico dominio-

La chiesa, costruita ai margini della città vecchia per ospitare le spoglie di San Corrado, morto in Puglia nel 1154, si erge a ridosso della scenografica banchina del porto, come punto di riferimento per coloro che giungevano in Puglia dal mare.

Non si sa con esattezza la data della sua fondazione, probabilmente collocabile sul finire del XII secolo. L’edificio sacro riassume, nella sua struttura dall’aspetto unitario, modelli architettonici e decorativi diversi: l’impianto longitudinale a cupole in asse, molto diffuso in regione, si combina felicemente con un linguaggio transalpino, di matrice normanna, come quello adottato nella Basilica di San Nicola di Bari. Il blocco compatto del prospetto esterno è dominato dalle possenti torri campanarie laterali, alleggerite dal gioco delle bifore che sembrano attraversate dall’azzurro del cielo.

Le cupole in asse nel Duomo di Molfetta, all’esterno nascoste da coperture piramidali, realizzate in pietra locale con la tecnica delle chiacarelle, si impongono per la loro monumentalità e per gli incantevoli effetti di luce, creati da questi grandi prismi bianchi che si animano grazie ai riflessi del cielo e del mare.

Molfetta, Duomo di San Corrado, prospetto laterale. (foto di Dantes102 – Flickr, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4744135)

Le pareti laterali sono movimentate dal rincorrersi di archi ciechi intrecciati di gusto orientale, che testimoniano gli ininterrotti rapporti della città di Molfetta con l’Oltremare.

All’interno, dove convivono armonicamente elementi bizantini, romanici e musulmani, si ha l’impressione di essere catturati entro lo spazio curvilineo della profonda abside, delle cupole emisferiche sovrastanti e delle volte, che sembrano dilatare i muri laterali creando una sinfonia di volumi che si intersecano e si rispondono.

Itinerary-05-Pilgrim-link-01

La Cattedrale Di Canosa

In epoca tardo-antica la città più importante della Puglia era Canosa che aveva raggiunto, tra il 514 e 566, un grande prestigio grazie alle opere promosse dal vescovo Sabino, cui è dedicata la Cattedrale che conserva le sue spoglie, secondo la leggenda agiografica, miracolosamente riapparse in città, dopo la sua morte avvenuta nei pressi di Potenza.

Canosa, durante l’alto-medioevo, fu considerata per la sua posizione sulla via Appia-Traiana un importantissimo centro strategico per il dominio del meridione da parte dei Longobardi, che volevano arginare l’influenza bizantina.

La Cattedrale, situata nella piazza centrale del paese, merita una visita. Fu eretta nell’IX secolo e consacrata nel 1101 dall’allora papa Pasquale II. Non si sa con certezza quanto rimanga dell’aspetto originale o quanto profonde siano state le modifiche subite nel corso dei secoli. La parte più compromessa è sicuramente la facciata esterna, completamente rifatta nei primi decenni del XIX secolo.

L’interno conserva ancora parte del suo antico fascino medievale: la pianta cruciforme presenta un’originalissima soluzione di copertura, con tre cupole in asse, disposte longitudinalmente al disopra della navata e altre due cupole sui bracci del transetto.

All’interno sono presenti pregevoli materiali antichi di spoglio, provenienti da edifici di età romana; si notino, in particolare, le belle colonne di marmo color verde che ritmano la navata.

Tra gli arredi liturgici si possono ammirare una cattedra e un pulpito scolpito di notevole pregio, che testimoniano la penetrazione precoce del romanico nella regione e la sua particolarissima declinazione pugliese.

Canosa, Cattedrale, interno.

(foto di Di Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=59320598)

Canosa, Cattedrale, interno, cattedra vescovile

(Foto di Von Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=59320341)

Al centro dell’abside, alle spalle dell’altare maggiore, il viaggiatore potrà ammirare un bellissimo trono marmoreo, realizzato tra il 1079 e il 1089 per il vescovo Ursone da uno scultore di nome Romualdo, che ha lasciato la sua firma su uno dei braccioli del sedile.

Il trono, opera in parte composita da pezzi di un trono più antico, è sostenuto da due poderose sculture di elefanti, austere e rigide, che sembrano incedere frontalmente con passo cadenzato. Sul dorso portano due lastre, decorate con teste leonine e con motivi vegetali, che reggono la seduta, rialzata sulla fronte da una lastra decorata da due aquile in posizione frontale all’interno di una cornicetta di racemi.

I braccioli poggiano su delle formelle scolpite con figure di animali fantastici e orientali, sfingi e grifi che, nel corso del XII secolo, entreranno a pieno titolo a far parte del repertorio decorativo della scultura romanica pugliese.

In questo trono convivono l’immediatezza espressiva di gusto già romanico e la geometrica eleganza di sapore bizantino-orientale, declinata in maniera monumentale soprattutto nei poderosi elefanti reggi-trono.

Spostandoci sulla navata, è possibile osservare il pulpito marmoreo realizzato dallo scultore Acceptus, risalente ai primi decenni dell’anno Mille.

Questa opera canosina testimonia come in Puglia, già a partire dall’XI secolo, l’arte bizantina e orientale si combinò con un gusto più realistico-espressivo, squisitamente europeo e romanico.

Canosa, Cattedrale, interno, pulpito.

(foto di Von Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=59320195)

Bibliografia di riferimento:

P. Belli d’Elia, Alle Sorgenti del Romanico. Puglia XI secolo, Edizioni Dedalo, Bari 1975;

F. Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale. Dai longobardi agli svevi, Donzelli editore, Roma 1997.

Itinerary-05-Pilgrim-link-07

The Rock Civilization In Puglia

Motola, caves

Ravines, lame[1], gorges, caves, crypts, and churches with frescoed rocky walls are the natural and artistic heritage protected in the Parco Regionale delle Gravine dell’Arco Ionico.

People have long thought that the caves of these ravines had been used during the Middle Ages only by hermits or Eastern monks who came to Puglia after the 8th-century iconoclastic controversy. Actually, authoritative experts in various disciplines, from Geology to History, in particular starting from the hypotheses formulated by the historian Cosimo Damiano Fonseca, have shown that the rock churches or the so-called hermit crypts represented only one of the possible forms of living in a cave. Between the 10th and the 15th century, dwellings and entire hamlets were excavated from the sides of lame and ravines by local people who chose life in caves as a conscious alternative to urban life. Hence, the expression “rock civilization” was coined to define that singular way of life, which is different from but not inferior to life in towns and villages. In Puglia the habit to excavate from the soft limestone dates back to the Bronze Age, which many tombs found by the archaeologists belong to. Also during the classical period underground areas were still in use, showing that the attitude of living in a cave was deeply rooted in local people already before the birth of Christianity. Puglia boasts a very rich rupestrian heritage: Massafra’s churches are one of the best chapters of this fascinating story in the rock.

In particular, the Church of Candelora and the rupestrian complex attached to the Sanctuary of Madonna della Scala are worth noting.

The Church of Candelora looks onto the ravine of San Marco and is located within a private garden that may be reached following Via Canali. The Crypt has a basilica plan with three naves and, although collapse damaged the original entrance and part of the apse area, it keeps the false slopes and domes. The walls, along which various arches open, house very beautiful frescoes that date back to the 13th and 14th centuries. These paintings have both Greek and Latin inscriptions, showing the cultural variety of the region, which is a bridge between the Greek and Byzantine East and the Latin West. The fresco Vergine che conduce il Bambino is particularly evocative. Its iconography is very rare and seems to highlight the motherly tenderness of Maria, nearly walking outside the sacred space of the painting – her feet, before the floor lowered, touched the walking surface. She seems to give caring recommendations to her child, who brings an egg basket, interpreted in various ways. In Christian symbolism, the egg may refer to the Passion, as a metaphor of a sepulcher that creates life. The two smaller figures next to the Virgin represent the couple who commissioned the fresco.

isultati immagini per cripta della candelora Massafra

Crypt of Candelora, the fresco Vergine che conduce il Bambino

Also the Sanctuary of Santa Maria della Scala, with its crypt, is worth visiting. Located on the outskirts of Massafra, along a deep and picturesque ravine, it can be reached through a spectacular Baroque style staircase.

Legend has it that in the place where the sanctuary lies today, two does were found venerating a Marian icon. The present shrine was built in the 18th century on the original crypt, frequented since ancient times. The building, which today has the 18th-century style and shape, houses a valuable 13th-century fresco, which depicts a beautiful Madonna con Bambino.

Sanctuary of Madonna della Scala, Madonna con Bambino

  1. T. N.: Depressions in the ground with gentle slopes, due to the karst processes in Puglia. ↑

Itinerary-05-Pilgrim-link-06

The Basilica Di San Nicola (Basilica Of Saint Nicholas)

Bari, Basilica di San Nicola

(foto di Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61405024)

The Basilica di san Nicola, commissioned by the Benedictine abbot Elias in 1089, was consecrated in 1197. The cultured abbot wanted to erect a building that combined various functions and meanings. It had to be a pilgrimage church, the main church of Bari people and a landmark for those who came from the sea and immediately faced the shape of its soaring towers.

Within the urban fabric, after walking alongside the castle and the cathedral, following today’s Via delle Crociate, and crossing the Arco angioino (the Angevin arch), we get to Piazza di San Nicola.

The basilica, the manifestation of Apulian Romanesque architecture par excellence, stands out in its austere and white tripartite façade, enlivened only by small blind arches in succession until the main portal tympanum and, on the upper register, by the light and dark effect of single-lancet and mullioned windows.

The solid volumes of the building can be clearly perceived thanks to the deep arches running along the side perimeter of the building.

The upper register is lightened on both sides by the elegant succession of six-light windows, which, as stone embroideries, let the light create interesting sculptural effects.

It is a totally homogeneous structure, similar to a fortress, which recalls the big Romanesque cathedrals in the North as for the façade flanked by two imposing towers, but encloses the domes and vaults volumes in rectilinear structures, in line with the Middle East construction techniques and as a tribute to a long Apulian tradition. In order to allow for the flow of pilgrims, who visited in large numbers Saint Nicholas’ relics, along the basilica perimeter there are five decorated portals with sculptures able to combine the beauty of shapes and the rich educational content. In the basilica sculptural decorations, all energy of the Apulian Romanesque style emerges: worlds inhabited by monstra, obtained directly from the Northern bestiaries, coexist with precise classical echoes enriched with clearly Islamic motifs, which are taken from cloth and valuable objects that reached Apulian coasts together with pilgrims and merchants.

In particular, the so-called portal of the lions is worth noting: it opens on the left side of the basilica, just under the first deep side arch. Along the archivolt, the epic of the Normans – the new Lords of Bari – is told through sculpture. With an extraordinarily successful ductus in terms of narration and propaganda, the elegant patterns of the Bayeux Tapestry seem to acquire new life and shapes in these sculptures, arrived in town to tell the stories of the Lords from the North to the new southern subjects.

Bayeux Tapestry, 11th century, today at the Centre Guillaume-le-Conquérant in Bayeux: a detail

Bari, Basilica di San Nicola, portal of the lions, 12th century, a detail

On the contrary, a clearly more Mediterranean style connotes the sculptures of the two column-bearing oxen that ornate the prothyrum of the basilica main portal, made by an anonymous sculptor able to combine local classical tradition motifs with a fully Romance and European style.

The basilica location is not fortuitous but meets precise symbolic and political needs. The new palatine church had to rise where the Katepano Palace was located, in order to indicate that the patron Saint and the Norman Lords who had supported the church construction were about to take the place and role once occupied by the Byzantines; furthermore, the location close to the sea had to highlight the close relationship of the town with the Adriatic Sea. Therefore, the basilica apse area, facing the sea, is like a second façade, with a very large window decorated with carved animals. They are elephants and sphynxes, which, in addition to their symbolic meanings, refer to the East reached and left by pilgrims and merchants boarding in Bari under Saint Nicholas’ protection.

Bari, Basilica di San Nicola, sphinx carved in the apse window, a detail.

The church interior has a Latin cross plan with reduced transept wings and is divided into three naves by very big Oriental columns – decorated with carved capitals – that alternate with pillars. The transverse arches were built after the first construction stage instead.

In the chancel area, the travelers may admire the so-called Abbot Elias’ cathedra. The throne, intended for the abbot, is entirely carved out of marble by an artist able to combine the Byzantine elegance in the decorative elements with Romanesque expressionism connoting the telamons that support the throne, whose faces show the effort to bear the load and the burden of sin.

Bari, Basilica di San Nicola, interior, Abbot Elias’ cathedra

isultati immagini per cattedra abate elia

Bari, Basilica di San Nicola, interior, Abbot Elias’ cathedra, a detail

In this solemn Romanesque setting, the elegant art de cour, imported from Île-de-France by the Angevins, who succeeded to the Normans as leaders of the town, and the oriental purely Byzantine splendor of the crypt, full of sumptuous ornaments and icons, dialogue in an interesting contrast (M. S. Calò Mariani, L’immagine ed il culto di san Nicola a Bari e in Puglia).

The crypt may be accessed through a staircase in the aisle that leads the faithful to a spiritual dimension, thanks to the abundance of icons, lamps, precious metal ornaments, fabrics and embroideries, which contribute to make the view of Saint Nicholas’ relics, here kept, extremely evocative.

Bari, basilica di San Nicola, crypt.

(GNU Free Documentation License)

Bari, Basilica di San Nicola, crypt, the column in the grating.

The crypt is not only the site of the sacred, but also a place of narration and legend, where everything contributes to lead the faithful to meditation and the traveler to listening, as the ancient column surrounded by a grating in a corner. Various legends have been passed down about this object over the centuries and have contributed to increase Bari people’s and pilgrims’ devotion to Saint Nicholas. It is said that, after the Council of Nicaea, Nicholas went to Rome to pay tribute to Pope Sylvester. There, in front of a loose woman’s house about to be demolished, he saw a nice column and drove it into the Tiber, through which it miraculously reached Myra port. Back from Rome, he put it in the cathedral of his town. As it had miraculously reached the Anatolian city, it is said to be floating again in Bari’s waters, when the saint’s relics came to town. However, nobody was able to get it. The night before Saint Nicholas’ relics were placed in the new church that was consecrated to him, the inhabitants of Bari heard the bells ringing, rushed to the basilica and saw a holy bishop complete the work, placing a pink column with the help of two angels (A. Beatillo, Historia delle vita, miracoli, traslatione, e gloria dell’Illustrissimo confessore di Christo s.Nicolò il Magno, arcivescovo di Mira, patrone, e protettore della città di Bari).

Since then, that column, which is said to have traveled from the East to the West, exactly as Saint Nicholas’ cult, has become an object of devotion on the part of local people, pilgrims and especially marriageable women.

A lot of artworks coming from the Basilica are now kept in the Museo Nicolaiano in the old town, located at 3 Strada Vanese not far from the church.

Itinerary-05-Pilgrim-link-05

The Cathedral Of Bari

THE CATHEDRAL OF BARI

Bari, Cathedral of San Sabino

(Berthold Werner, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61448663)

The Cathedral of Bari, dedicated to Saint Sabinus and the Virgin Hodegetria, that is “she who points the way”, seems to hardly emerge from the noisy alleys of the old town, almost hidden in its heart and by the more famous and venerated Basilica di San Nicola. It is the bell tower – the only one that stands out among the low roofs of the village and has remained a distinctive point of reference in the urban skyline for centuries – that makes the church imposing.

Internally and on the tripartite white façade it is possible to read its history, which began in ancient times in the succorpo[1], adorned with beautiful Early Christian mosaics, and unfolds over the centuries until the Baroque additions, visible in the crypt and the statues, with their emphasized theatricality, that enrich the main portal.

The building took on its current appearance between 1170 and 1178, when it was completely rebuilt, after having been razed to the ground by William I, called the Wicked, following the uprising of Bari people against the new Norman lords.

The façade is divided into three sections by pilaster strips, thus externally reflecting the inner division of the naves. The tops of the slopes have hanging arches that lie on shelves carved with snakes and animals, directly taken from the rich and creative Medieval bestiary.

A large rose window, decorated with statues of monsters, dragons, snakes and grotesque figures, dominates the upper register in line with the main portal. The apse area is not externally visible thanks to a rear façade that has a wonderful large window, considered as one the masterpieces of 12th-century Romanesque sculpture. This wide scalloped opening, framed by a baldachin supported by hanging columns, is abundantly carved with eastern plant and animal motifs, including in particular a mysterious harpy.

http://www.medioevo.org/artemedievale/Images/Puglia/Bari/IMG_6943.JPG

Bari, Cathedral, rear façade, apse window.

http://www.medioevo.org/artemedievale/Images/Puglia/Bari/Bari29.jpg

Bari, Cathedral, rear façade, a detail of the apse window

The creative sculptural external Romanesque decoration is in contrast with the austere and mystical inner atmosphere, where the silence of the deep naves is enlivened only by the imposing effect created by the arcades, in counterpoint to the elegant three-lancet windows of the upper matronea.

Bari, Cathedral of San Sabino, interior.

(Porcullus Marek Postawka – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3526917)

The oldest core of the church is located five meters below the Cathedral level and dates back to the 6th century. It is an Early Christian basilica that has maintained its ancient charm nearly intact. The area, formerly divided into three naves, now keeps the foundations of the original columns and a mosaic pavement ornate with geometric motifs and plant and animal elements. It is still possible to read an inscription that mentions a man named Timothy who paid for the floor mosaic decoration to honor a vow.

The crypt hosts the icon of the Virgin Hodegetria, known also as Madonna of Constantinople, an object of deep devotion. Tradition has it that the board came to Bari from Constantinople in the 8th century, when during iconoclasm the Eastern Roman Emperor had ordered to destroy all the icons. Actually, it is a 16th-century board that reproduces the Byzantine iconographic type of the Virgin enthroned who points to the Child thus showing the way to heaven, that is Christ.

Over the 18th century, the board was changed, and according to the style and aesthetics of that period, it was protected and covered with a sumptuous silver riza.

Icon of the Virgin Hodegetria

(Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=58901057)

  1. T. N.: The vast hypogeum church underneath the Cathedral. ↑

Posts pagination

1 2

Search

Recent posts

  • Viaggio senza limiti – SPA
  • Viaggio senza limiti – GER
  • Il Castello Aragonese Di Taranto
  • Il Museo Marta Di Taranto
  • I Trulli

Archives

  • March 2020
  • February 2020
  • December 2019
  • November 2019
  • October 2019
  • September 2019
  • August 2019
  • July 2019
  • June 2019
  • May 2019
  • April 2019
October 2019
M T W T F S S
 123456
78910111213
14151617181920
21222324252627
28293031  
« Sep   Nov »
Privacy & Cookies: This site uses cookies. By continuing to use this website, you agree to their use.
To find out more, including how to control cookies, see here: Cookie Policy
© 2018-2025Humanistic Informatics Laboratory,
Department of Informatics, Ionian University
Theme by Colorlib Powered by WordPress
  • Twitter
  • Facebook
  • Instagram
  • Youtube
  • Pinterest